L’Oasi di Suryanamaskara: il sogno di realizzare un ecovillaggio in Puglia

ecovillaggio in puglia

Un’oasi contro i mali del terzo millennio

La provinciale che da Andria porta a Palo del Colle attraversa una distesa sterminata di olivi. Il panorama intorno sarebbe davvero invidiabile se non fosse per i cumuli di immondizia abbandonata ogni pochi metri tra le piante e al bordo della carreggiata. Non è però solo l’immondizia a rovinare l’idillio, ci sono anche le decine di capannoni abbandonati e ormai fatiscenti che costeggiano la strada, ma soprattutto ci sono le sedie di plastica bianche che ogni 200-300 metri punteggiano i campi di olivi: sono le sedie su cui, in pieno giorno, siedono le prostitute in attesa tra un cliente e l’altro.
Questo panorama desolante ci fa compagnia per alcune decine di chilometri, finché non arriviamo a Palo del Colle.
Io e la mia compagna di vita e di viaggi Rita stiamo andando a conoscere Vincenzo, un agricoltore pugliese che ha in mente di costruire un eco-villaggio nel bel mezzo delle campagne che stiamo attraversando.

Una prostituta attende sotto un ulivo lungo la provinciale

Ricercatori della verità

Durante una vacanza certamente non all’insegna della lentezza, in cui abbiamo improvvisato di giorno in giorno guidando per centinaia di chilometri, una sera mentre eravamo al sud dell’Abruzzo, più precisamente a Vasto, mi sono ricordato che non troppo lontano da lì abitava uno sconosciuto di nome Vincenzo che avevo recentemente sentito via email e di cui sapevo pochissime cose, una delle quali, appunto, era che voleva costruire un eco-villaggio in Puglia.

In realtà non posso dire che Vincenzo fosse davvero uno sconosciuto, anzi, probabilmente, se per caso siete praticanti di yoga e qualche volta avete fatto una ricerca su Google su un termine sanscrito o un’asana (posizione), Vincenzo non è uno sconosciuto nemmeno per voi. Il suo Sito web infatti, per quanto amatoriale, è sempre tra i primi risultati sull’argomento e i suoi articoli sono tra i più dettagliati e meglio scritti che si trovino sul web in italiano.

Nonostante questa “popolarità” e competenza, l’agricoltore pugliese ci tiene a metterlo in chiaro nella sezione “Chi Sono” del suo sito, che recita “Mi chiamo Vincenzo, classe 1963, vivo in Puglia, in provincia di Bari. Sono padre, marito, figlio. Sono un agricoltore, produco olive, mandorle, fichi, grano, legumi. Non sono uno yogi, non sono sannyasin, non ho ottenuto l’illuminazione, la mia kundalini non si è risvegliata, non sono iscritto a corsi di yoga, sono solo un ricercatore della Verità.”

Fichi e caffè freddo

Al nostro arrivo a Palo del Colle Vincenzo, che avevo contattato via mail il giorno prima, ci aspetta in strada: è un signore non molto alto, ma dal fisico atletico, brizzolato e con gli occhi azzurri e pungenti. Ci fa parcheggiare nel piazzale del comprensorio in cui vive e dopo alcune rapide presentazioni, senza alcun imbarazzo o esitazione ci invita a salire a casa sua.
Lì ci aspettano sua moglie Ines e Giulia, sua figlia. Dal frigo tirano fuori del caffè freddo e ci fanno accomodare sul divano. Presto sul tavolo appare una crostata di fichi (i loro) fatta da Ines.
Finalmente ho occasione di ringraziare di persona l’autore dei moltissimi articoli che ho letto e che mi hanno aiutato mentre studiavo, ma il motivo della nostra visita non è solo quello.
Siamo curiosi di sapere di più sul suo progetto di avviare un “progetto di vita comunitaria” a pochi chilometri da Paolo del colle: l’Oasi di Suryanamaskara.

“L’Oasi di Suryanamaskara vuole diventare un monastero del terzo millennio”, così accenna al suo progetto nel crowdfunding che ha lanciato sul sito Buonacausa.
Più che un eco-villaggio, Vincenzo ha in mente un “agri-campeggio eco-sostenibile con annesso un giardino officinale mediterraneo, un orto e un frutteto.”  Più avanti, sempre nella pagina della sua raccolta fondi spiega meglio ciò che lo ha spinto a intraprendere questa missione:“Sono convinto che oggi la pratica dell’agricoltura sia ossessivamente orientata al mercato, invece di essere orientata alla conservazione del suolo e dell’ecosistema.”

Per capire meglio il legame di Vincenzo con la terra (e con la Sua terra) basta in effetti la prima mezz’ora di conversazione in cui ci racconta buona parte della sua vita: diplomato come perito agrario, ha lasciato l’università di scienze forestali dopo 3 anni per motivi economici. Successivamente si è imbarcato su petroliere e navi da crociera per poi finire a lavorare come stagionale in strutture ricettive in Trentino. E lì ha conosciuto sua moglie.
“Già all’epoca, avevo chiesto il prestito d’onore per comprare il terreno – racconta – e avrei dovuto lavorare più a lungo per racimolare i soldi dell’IVA che servivano per concludere la pratica, ma poi ho conosciuto Ines …”
Non ha ottenuto i finanziamenti che gli servivano Vincenzo, ma ha conservato intatto il suo sogno negli anni. Tornato a vivere in pianta stabile in Puglia, ha iniziato a lavorare in un’azienda agricola dove dirigeva 40 persone. Un lavoro che lo assorbiva completamente, ma che lo gratificava. Poi nel 2012 l’azienda ha cessato la propria attività per convertire il terreno alla produzione di energia solare, non più campi, ma pannelli fotovoltaici. L’agronomo e gli operai non erano più necessari.
“Me la sono cavata ricominciando a fare il cameriere, c’è stato un periodo molto difficile, ma adesso le cose vanno un po’ meglio…”

Ladri di biciclette

Sul piano della cucina c’è un piccolo mulino domestico. Con un filo di orgoglio Vincenzo e Ines ci raccontano che si fanno la propria farina con il proprio grano. La differenza, ci dicono, si sente e come quando la mangi.

Il piccolo “mulino” casalingo

“Purtroppo quest’anno però non abbiamo potuto seminare il grano, perché ci hanno rubato tutti gli attrezzi…” Ci raccontano così un altro aneddoto della difficile vita nella Murgia barese: a Dicembre 2017, in pieno giorno, a Vincenzo hanno aperto con la fiamma ossidrica il garage e gli hanno rubato la maggior parte degli attrezzi da lavoro, le scale, le chitarre,l’auto e anche la bici della bambina. “Per fortuna ci hanno lasciato la motozappa, perché era troppo grande da portare via e l’auto l’abbiamo ritrovata, non proprio intera, più tardi, dopo che era stata usata per alcuni furti.”

Gli chiedo se abbia idea di chi sia il colpevole, ma, senza sbilanciarsi, mi fa capire che anche se così fosse non servirebbe a molto, visto che non ci si può fare giustizia da soli.
Ci racconta di come la gente, incattivita dall’ignoranza e dalle difficoltà economiche, sia diventata egoista e disposta a tutto e di come non solo non ci sia più un senso di fratellanza, ma di come le persone ridano in faccia a chiunque cerchi di uscire dall’abbruttimento generale come lui. La rabbia che traspare negli occhi e nella voce di Vincenzo e sua moglie, non sembra scalfire la loro determinazione. “Lo facciamo per lei.”  dice Ines, indicando Giulia. Una frase che entrambi ripeteranno più volte nel corso della giornata.
Giulia è una bambina di 11 anni, dall’aria intelligentissima, le piace la matematica, ma in generale non le piace troppo la scuola, anche se sa bene che “è importante studiare”.

Il bandone del garage aperto dai ladri

Un’oasi senza acqua

Al momento di andare a vedere il terreno su cui un giorno sorgerà L’Oasi di Suryanamaskara Vincenzo ci consiglia di spostare la macchina dal parcheggio condominiale e di metterla invece nel garage. Poi partiamo sulla sua vecchia Lancia Delta. Usciti dal paese, facciamo alcuni chilometri nei campi. “Il giorno che mi trasferirò qua, dovrò comprarmi un fucile.” La frase di Vincenzo mi giunge piuttosto inaspettata, soprattutto da un seguace di yama e nyama (il sentiero dello yoga), in cui la ahimsa (non violenza) è alla radice. Faccio qualche domanda e cerco di capire di più e mi viene raccontato che per chi vive nelle campagne è purtroppo un rischio quotidiano quello di essere picchiati e derubati a casa propria e che è normale quindi avere un fucile a casa. “Questo però sarebbe un atteggiamento distruttivo, qui invece serve un atteggiamento costruttivo.” si corregge presto Vincenzo.
Attraversiamo di nuovo enormi coltivazioni di olivi e finalmente arriviamo al terreno di Vincenzo, che dopo aver aperto la catena entra con la macchina fin dentro il proprio campo. Poco dopo mi spiegherà che alcuni anni fa, mentre era a lavorare nel campo, si è visto quasi rubare la macchina, parcheggiata al margine, sotto gli occhi, per questo ha fatto costruire un piccolo sentiero di ghiaia che gli permettesse di non averla troppo lontana.

Il terreno di Vincenzo

L’amarezza del nostro ospite però lascia presto spazio all’entusiasmo e all’orgoglio, quando inizia a farci vedere il terreno: olivi, fichi e altri alberi da frutto, eucalipti, robinie, legumi e anche 3 pini. C’è anche “un’isola” con piante officinali mediterranee. Vincenzo spacca una zolla e ci fa notare come il suo terreno sia friabile e soffice, a differenza di quello dei campi vicini che praticano un’agricoltura intensiva ed usano concimi e prodotti chimici: questi a lungo termine degradano la vita e i micronutrienti del terreno, che invece, grazie al carbonio lo renderebbero più soffice capace assorbire l’acqua.

Non la nomina mai, ma l’approccio di Vincenzo sembra molto vicino a quello della permacultura: minimo intervento umano e minimo consumo energetico e di risorse, colture pluriennali e mantenimento dell’ecosistema naturale.

L’agricoltore parla di un “Monastero del Terzo millennio” riferendosi al concetto, legato alla decrescita felice, del saggista Maurizio Pallante:

“La vita monastica, che ha rappresentato per secoli uno dei modelli vincenti di utilizzazione delle risorse e di aggregazione sociale, ritrova in questo momento storico la sua attualità: l’organizzazione comunitaria, il rapporto tra la dimensione del lavoro e la dimensione spirituale degli antichi monasteri possono offrire indicazioni importanti a chi voglia fondare i monasteri del terzo millennio e attuare la rivoluzione dolce di cui c’è bisogno oggi.” (da Pallante: monasteri del terzo millennio, così ci salveremo | LIBRE)

Nel suo terreno non ci sono né acqua né corrente elettrica al momento, ma mi indica a pochi passi un lungo solco sassoso: in autunno e inverno quel corso si allaga diventando un’ottima linea di impluvio che ha intenzione di sfruttare facendola convogliare in una cisterna.

Facciamo una breve passeggiata e sorpresa: appena fuori dal campo c’è un antico trullo praticamente integro, ma in abbandono.

Il trullo nascosto ai margini dell’Oasi

Il terreno di Vincenzo trasmette molta energia e sembra davvero fecondissimo di vita vegetale e animale in ogni centimetro quadro, ma di ciò che un giorno costituirà l’Oasi di Suryanamaskara ancora non c’è niente. Nonostante questo l’agricoltore pugliese ha le idee chiarissime e sembra già vedersi tutto davanti agli occhi: “Qui costruiremo la casa, qui ci sarà il frutteto, lì la zona dell’agri-campeggio dove ospiteremo la gente gratuitamente…”
Sia ben chiaro, chiarisce presto Giulia, che ci dovranno anche essere una piscina e una casa sull’albero.

Dumping Salariale

Nel viaggio di ritorno verso casa Vincenzo ci racconta di quando suonava reggae in giro per la Puglia. Poi ad un certo punto si scurisce: stiamo costeggiando il terreno in cui ha lavorato e da cui è stato licenziato quando hanno deciso di convertire il terreno agricolo per la produzione di energia solare. Le liete parole sulla musica lasciano presto spazio a quelle amare sull’economia quando inizia a parlarci del dumping salariale. “Qui ormai prendono solo manodopera straniera a lavorare, così anche i lavoratori locali si adeguano e accettano le stesse condizioni di lavoro.” Vincenzo si rende anche conto, però, che la gente deve mangiare e che è comprensibile che presa dalla disperazione chini il capo. È successo anche a lui, non molto tempo prima, in un ristorante: “La gente deve portare il pane a casa”. Per lui non è comunque solo colpa del caporalato e non sta succedendo solo in Puglia. La perdita di diritti dei lavoratori e l’allargamento della forbice tra ricchi e poveri è un fenomeno mondiale. Il suo vero nemico infatti non è chi accetta di essere sfruttato, ma il sistema capitalistico, in particolare il modello americano, che ormai vede dilagare ovunque: l’Oasi di Suryanamaskar servirà a costruire qualcosa di diverso e contrapposto a questo sistema e alla sua logica.
È infervorato Vincenzo mentre parla di questioni sociali e geopolitica e il tempo per arrivare a casa vola. Ormai è quasi sera e io Rita dobbiamo rimetterci in viaggio o non troveremo campeggi aperti lungo la strada.

L’impianto fotovoltaico

Ci salutiamo affettuosamente con la famiglia pugliese che non ci lascia partire prima di averci caricato di “souvenir” dall’Oasi di Suryanamaskar: un barattolo di cicerchie, un barattolo di ceci neri, 2 confetture e un (altro) pezzo di crostata.
Prima di salutarci Ines ci tiene a precisare “Oggi Enzo ha parlato tantissimo, lui parla poco di solito…” Si scambiano uno sguardo amorevole e Vincenzo risponde sorridendo “E va bene, adesso, amore, mediterò un po’ allora…”

L’Isola che non c’è

Il progetto dell’oasi: la linea di impluvio e la cisterna.

In realtà il nostro viaggio all’eco-villaggio di Vincenzo, sotto molti punti di vista, potrebbe sembrare infruttuoso. In fondo non c’è nessun eco-villaggio, l’Oasi di Suryanamaskar non esiste e nel campo di Vincenzo al momento non c’è niente se non tanto bellissimo verde. Ad essere precisi, non c’è niente che si possa toccare almeno, ma con uno sguardo un po’ più sottile si vede chiaramente che qualcosa c’è. Qualcosa di grande e dal valore immenso: c’è un sogno. Il sogno di un agricoltore di olive, mandorle, fichi e legumi, che scrive di filosofia indiana e botanica e che riesce a vedere oltre le difficoltà di una terra incattivita dalle ingiustizie e dalla povertà, oltre i cumuli di immondizia e lo sfruttamento. Un sogno che siamo sicuri, grazie alla forza di volontà di Vincenzo e Ines e alla loro tenacia, diventerà anche qualcosa di reale e aiuterà a sognare molte altre persone. Perché come canta Bennato parlando di un’utopica isola che non c’è “chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te”

Il progetto dell’Oasi: la ripartizione del terreno.

PS: vi invito a leggere questo bel post scritto da Vincenzo “Il Giorno che Comprai un pezzo di terra” in cui racconta cosa ha significato comprare il suo terreno

PPS: per contribuire alla raccolta fondi di Vincenzo, andate qui!

Per leggere le altre avventure di Stefano e Rita cliccate qui.

About Rita e Stefano BonaVera 9 Articles
Stefano: fiorentino, laureato in lingue e ora iscritto ad antropologia, receptionist in hotel da più di 10 anni. A novembre 2016 sono partito per un anno di viaggio con la mia ragazza. Rita: calabrese di nascita e crescita, fiorentina d'adozione. Fra pochi giorni parto per un anno sabbatico col mio ragazzo in giro per il mondo. Prima tappa e ultima previste: Francia e Iran. Mi appassionano le lingue straniere, ma conosco bene solo l'inglese e francese. E anche la lingua dei segni italiana. Whatelse?

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