Le ’10 strategie della manipolazione’: davvero di Noam Chomsky?

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Noam Chomsky e le “10 strategie della manipolazione”: bufala smascherata

Se bazzicate su Facebook, Quora o Reddit, probabilmente vi sarete imbattuto almeno una volta nella famosa lista delle “10 strategie della manipolazione attraverso i mass media”, attribuita a Noam Chomsky. Si tratta di un testo che analizza presunti metodi utilizzati dalle élite per controllare l’opinione pubblica: distrarre con notizie irrilevanti, creare problemi per offrire soluzioni già pronte, spingere la popolazione verso la mediocrità, far sentire le persone colpevoli dei propri fallimenti.
Insomma, una lista che, a prima vista, sembra scritta per spiegare i “trucchi” con cui i potenti ci tengono sotto controllo.Il problema è che non esiste alcuna prova che questo elenco sia stato scritto da Chomsky. È una bufala. Non c’è traccia di questa lista nei suoi libri, articoli o interviste, né tanto meno nel suo stile comunicativo. Eppure, il post è virale: migliaia di condivisioni e commenti che ripetono convinti che “Chomsky ha capito tutto”.Ma è davvero così?

Da dove proviene questa lista?

Il testo delle “10 strategie” ha origine dubbia.

Non proviene da un saggio accademico né da una dichiarazione pubblica di Chomsky.
È più probabile che sia nato da un documento intitolato Armi silenziose per guerre tranquille, un presunto manuale “top secret” spesso citato nei contesti complottisti.
Quel documento racconta di un piano delle élite per controllare la popolazione con mezzi psicologici, economici e mediatici.
Non c’è però alcuna prova che sia un documento autentico: più che altro sembra un mix di paranoia e teorie del complotto.

Chomsky, al contrario, non si è mai espresso con il linguaggio sensazionalista e vago di questa lista. Le sue riflessioni sono molto più complesse e basate su un’analisi storica e politica ben documentata.
Non parla mai di “piani segreti delle élite”, ma spiega come i media servano spontaneamente gli interessi dei potenti attraverso filtri editoriali, finanziamenti pubblicitari e accesso alle fonti.

Cosa dice davvero Chomsky sui media?

Per capire cosa pensa davvero Chomsky, basta leggere libri come Manufacturing Consent. In questo testo, scritto insieme a Edward S. Herman, analizza come i media non siano strumenti neutrali,
ma servano spesso come “casse di risonanza” delle élite economiche e politiche. I media mainstream, secondo lui, selezionano le notizie e le trattano in un modo che legittima certe scelte politiche e oscura altre prospettive.

Chomsky non parla però di complotti segreti, ma di meccanismi interni al sistema: editori legati agli interessi economici, pubblicità che influenza la linea editoriale, notizie che vengono semplificate per aumentare gli ascolti.
Insomma, non è un piano malvagio orchestrato da menti oscure, ma il risultato di un sistema che premia chi è al potere e relega ai margini le voci più scomode.

Una conferma del professor Piergiorgio Odifreddi

Noam Chomsky ha chiaramente smentito di essere l’autore dei famosi decaloghi a lui attribuiti, come confermato da una nota del matematico Piergiorgio Odifreddi sul suo blog. Rispondendo a un quesito sulla questione, Chomsky stesso ha dichiarato:

Yes, it’s a fabrication. Some of the words are mine, but I didn’t write it. There have been many attempts to kill it, but once something’s on the internet, it’s forever.

Sì, è una fabbricazione. Alcune parole sono mie, ma non l’ho scritto. Ci sono stati molti tentativi di farlo sparire, ma una volta che qualcosa è su Internet, rimane per sempre.

Perché questa bufala è così popolare?

È semplice: il testo è breve, diretto e dice esattamente quello che molte persone vogliono sentirsi dire. Ci offre un nemico chiaro (le élite), una spiegazione facile per il caos del mondo (le loro strategie) e un’autorità intellettuale come Chomsky a legittimare tutto.
In più, l’idea di essere manipolati fa sentire alcuni più “svegli” rispetto alla massa.

Ma c’è un problema: attribuire falsi contenuti a Chomsky non ci rende più consapevoli, anzi, alimenta la disinformazione.
È un paradosso: un testo che pretende di smascherare la manipolazione mediatica finisce per essere esso stesso uno strumento di manipolazione.

Prima di condividere questa lista pensando di citare un grande intellettuale, chiediamoci: “Siamo sicuri che sia davvero così?”. La verità è che Noam Chomsky non ha mai scritto nulla del genere.
Se vogliamo davvero capire come funzionano i media e i loro meccanismi, dobbiamo leggere direttamente le sue opere, non fermarci ai post virali sui social.
Altrimenti, finiamo per essere noi stessi vittime di quella manipolazione che crediamo di combattere.


Il testo “incriminato”:


Noam Chomsky, uno dei più importanti intellettuali oggi in Vita, ha elaborato la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media.

Dedicate 5 minuti e non ve ne pentirete.

Non foss’altro per ampliare le proprie conoscenze.

1 – La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.

La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.

Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2 – Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3 – La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.

4 – La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.

5 – Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).

6 – Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l’emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un’analisi razionale e, infine, il senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.

7 – Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.

“La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori”.

8 – Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…

9 – Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s’incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!

10 – Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.


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About Davide Fiore 29 Articles
Mi chiamo Davide. Sin da sempre ho coltivato uno spirito indipendentista e ribelle che mi ha spinto a lavorare come programmatore in modalità remota. Oltre alla mia passione per il coding, mi dedico alla fotografia nel mio tempo libero e naturalmente adoro il cinema. Amo immergermi nell'atmosfera dei concerti (adoro la musica dal vivo e l'energia che si sprigiona da essi). Faccio migliaia di altre cose, ma sarebbe impossibile scriverle tutte qui!

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