Nel futuro non possederemo nulla e saremo felici?

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Negli ultimi anni, il modo in cui consumiamo libri, film e videogiochi è cambiato radicalmente. Le copie fisiche stanno lentamente scomparendo, sostituite da versioni digitali accessibili tramite abbonamenti o acquisti online. Questo fenomeno segna il passaggio dalla proprietà all’accesso, sollevando interrogativi su cosa significhi davvero possedere qualcosa nel mondo moderno.

È arrivata l’era del consumo digitale

La comodità delle piattaforme digitali ha conquistato milioni di utenti.

Servizi come Netflix, Spotify e Kindle offrono cataloghi infiniti, disponibili in qualsiasi momento, senza bisogno di spazio fisico e con un semplice clic. Questo modello si basa sul concetto del “Long Tail” (coda lunga) [1] , in cui le aziende guadagnano offrendo una vasta gamma di contenuti di nicchia, ciascuno con un pubblico ridotto ma fedele.

Tuttavia, questa comodità ha un prezzo: non possediamo realmente ciò che acquistiamo.

Invece di un prodotto fisico, riceviamo solo una licenza d’uso temporanea.

Un cambiamento che ha diverse implicazioni.


Le conseguenze della non-proprietà


Meno controllo, più censura

Non possedendo realmente i contenuti, il nostro accesso può essere limitato, modificato o persino revocato in qualsiasi momento dai fornitori di servizi.

Se una piattaforma decide di rimuovere un libro per motivi politici, di aggiornare un film per renderlo più “adatto” o di cancellare un videogioco per questioni di copyright, l’utente si trova senza alcun potere di resistenza. Ciò che ieri era disponibile, oggi potrebbe non esserlo più.

Alcuni vedono in questo un rischio significativo per la libertà di espressione e l’accesso alla cultura. Quando il controllo sui contenuti è concentrato nelle mani di poche grandi aziende, diventa più facile riscrivere la storia, rimuovere opere scomode o persino impedire la diffusione di idee ritenute inaccettabili. Non si tratta più solo di un problema di consumo, ma di un potenziale strumento di controllo dell’informazione, che potrebbe ridurre la diversità di opinioni e plasmare la memoria collettiva secondo logiche di convenienza economica o ideologica.

Un costo continuo

Con il modello basato sugli abbonamenti, smettiamo di pagare una volta sola per un prodotto e iniziamo a versare una quota mensile per mantenerne l’accesso.

In passato, acquistare un libro, un film o un videogioco significava pagare una sola volta e conservarlo per sempre. Oggi, invece, ci troviamo sempre più spesso a sottoscrivere servizi che ci permettono di accedere a una vasta libreria di contenuti, ma solo finché continuiamo a pagare una quota mensile.

Se da un lato questo modello offre comodità e varietà, dall’altro impone un costo continuo, che nel lungo periodo può diventare più oneroso rispetto all’acquisto tradizionale. A prima vista, una singola sottoscrizione può sembrare conveniente, ma sommando gli abbonamenti a piattaforme di streaming, gaming, software e informazione, il totale può diventare significativo. Ogni mese siamo vincolati a queste spese per mantenere l’accesso ai contenuti, senza mai costruire una vera e propria libreria personale.

Inoltre, a differenza dell’acquisto di un prodotto fisico o digitale, l’accesso tramite abbonamento può essere soggetto a variazioni impreviste: aumenti di prezzo, rimozione di contenuti, restrizioni geografiche e persino la cessazione del servizio. Questo significa che, anche dopo anni di pagamenti, potremmo ritrovarci improvvisamente privati di un contenuto che davamo per scontato.

Alla lunga, il modello basato sugli abbonamenti rischia di trasformarsi in una sorta di tassa sulla cultura e sull’intrattenimento, lasciando ai consumatori sempre meno controllo e aumentando la loro dipendenza dalle piattaforme digitali.

“Non possiederai nulla e sarai felice”: utopia o distopia?

Questa frase, spesso associata a futuri scenari economici e tecnologici, deriva da un articolo del 2016 scritto dalla politica danese Ida Auken.

Il suo intento era quello di delineare un possibile futuro in cui la proprietà privata lasciasse spazio a un modello di economia basato sul noleggio e sulla condivisione. In questa visione, le persone non avrebbero più bisogno di possedere beni come case, automobili o persino elettrodomestici, poiché tutto sarebbe disponibile su richiesta, eliminando sprechi e ottimizzando l’uso delle risorse.

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– Non possiederai nulla e sarai felice o solo in affitto per sempre? 🏠💳🤔

Auken presentava questo scenario come una possibilità positiva, enfatizzando i benefici di una società più efficiente, meno consumistica e più sostenibile. Tuttavia, molti osservatori vedono questa prospettiva con scetticismo, ritenendola meno un’utopia e più una potenziale distopia. La perdita della proprietà potrebbe infatti tradursi in una dipendenza costante da servizi controllati da grandi aziende o governi, lasciando gli individui senza alcun reale controllo sui beni che utilizzano.

In questo modello, tutto ciò che un tempo apparteneva all’individuo diventa soggetto a vincoli imposti da entità terze: una casa può non essere più accessibile in caso di mancato pagamento, un’auto può smettere di funzionare se il servizio decide di revocare l’accesso, e persino i contenuti digitali possono scomparire da un momento all’altro. L’autonomia personale si ridurrebbe, mentre il potere delle piattaforme che gestiscono questi servizi aumenterebbe esponenzialmente.

La vera domanda è: questo futuro rappresenta una liberazione dai pesi della proprietà o una nuova forma di controllo?

Se da un lato il modello di condivisione potrebbe portare efficienza e accessibilità, dall’altro rischia di minare uno dei principi fondamentali della libertà individuale: la possibilità di possedere e gestire ciò che è proprio, senza dipendere da attori esterni. La risposta dipenderà da come e da chi verrà gestita questa trasformazione.

Non possiederai nulla e sarai felice

– Non possiederai nulla e sarai felice… ma a quale prezzo? 💰📉💭

Meglio il digitale o il fisico?

Oggi ci troviamo di fronte a un bivio: da un lato, il digitale offre comodità, accesso immediato e un’ampia disponibilità di contenuti; dall’altro, il possesso fisico di un bene garantisce maggiore controllo, durata e un legame più autentico con ciò che acquistiamo. La scelta tra questi due modelli non è solo una questione di preferenze personali, ma riguarda anche aspetti più profondi legati all’autonomia, alla conservazione del patrimonio culturale e alla libertà di fruizione.

Il digitale ci permette di avere tutto a portata di mano, eliminando il problema dello spazio fisico e offrendo aggiornamenti continui. Tuttavia, ci rende anche dipendenti da piattaforme e abbonamenti, con il rischio di perdere l’accesso ai contenuti se il servizio cambia politiche o smette di esistere. Al contrario, il formato fisico richiede spazio e manutenzione, ma garantisce una maggiore sicurezza nel tempo: un libro stampato non può essere modificato o rimosso da remoto, un CD o un DVD funzionano indipendentemente dalle decisioni di una piattaforma di streaming.

Una questione di equilibrio?

Forse la soluzione migliore sta nell’equilibrio tra accesso e proprietà.

Potremmo scegliere consapevolmente quali contenuti conservare in formato fisico—quelli che riteniamo più importanti, significativi o insostituibili—e quali affidare alle piattaforme digitali per la loro praticità. Un approccio ibrido potrebbe permetterci di godere dei vantaggi di entrambi i mondi senza rinunciare completamente alla libertà di possesso.


Il futuro sarà davvero un mondo senza proprietà?

Probabilmente, la direzione che prenderemo dipenderà dalle nostre scelte di oggi.

Se accettiamo passivamente la progressiva scomparsa della proprietà, potremmo trovarci in un futuro in cui ogni cosa sarà accessibile solo tramite abbonamenti e servizi controllati da terzi. Al contrario, se continuiamo a valorizzare il possesso fisico di ciò che per noi ha un significato, potremo mantenere un grado di indipendenza maggiore.

In definitiva, non si tratta solo di decidere tra digitale e fisico, ma di riflettere sul tipo di rapporto che vogliamo avere con ciò che consumiamo e sulle implicazioni di lungo termine delle nostre scelte.

💬 Tu cosa ne pensi? Preferisci l’accesso immediato o il possesso reale? Scrivicelo nei commenti! ⬇️👇


Fonti e approfondimenti

 


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Oppure:


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Mi chiamo Davide. Sin da sempre ho coltivato uno spirito indipendentista e ribelle che mi ha spinto a lavorare come programmatore in modalità remota. Oltre alla mia passione per il coding, mi dedico alla fotografia nel mio tempo libero e naturalmente adoro il cinema. Amo immergermi nell'atmosfera dei concerti (adoro la musica dal vivo e l'energia che si sprigiona da essi). Faccio migliaia di altre cose, ma sarebbe impossibile scriverle tutte qui!

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