
La canzone più antica del mondo
Nel cuore dell’antica Anatolia, tra le rovine di una civiltà che parlava greco e sognava in versi, è stata ritrovata una melodia che ha attraversato i secoli: l’Epitaffio di Seikilos.
Incisa su una stele funeraria scoperta a Tralles, vicino all’attuale città turca di Aydın, questa breve composizione è considerata la più antica canzone completa giunta fino a noi.
A differenza di altri frammenti musicali antichi, come l’Inno Hurrita n. 6 (immagine qui in basso) – una melodia parzialmente ricostruita proveniente da Ugarit (Siria) e risalente a oltre 3.400 anni fa – l’epitaffio di Seikilos è integro. Melodia e testo si sono conservati insieme, cosa che offre uno spaccato straordinario della sensibilità musicale del I o II secolo d.C.
Inno Hurrita n. 6
La composizione, scritta in notazione musicale greca, è classificabile come un canto ionico, su scala frigia*, ed è incisa con sorprendente precisione su una lapide dedicata alla memoria di una persona cara. Ma ciò che colpisce più della musica è il suo messaggio: un invito a vivere con leggerezza, consapevoli della brevità dell’esistenza.
Ecco il testo, semplice e profondo, che si legge sulla stele:
“Finché vivi, risplendi.
Non addolorarti troppo.
La vita dura poco,
e il tempo esige il suo tributo.”
Nella parte superiore della stele c’è anche un’iscrizione introduttiva in prosa che dice:
Εἰμὶ εἰκὼν ἐν Σείκιλος τέθεικέ με ὧδε
ἀθανάτου μνήμης σήμα μακρὸν αἰεί.
Tradotta:
Sono un’immagine. Seikilos mi ha posto qui,
come segno duraturo di memoria immortale.
La canzone più antica del mondo. Puoi ascoltare una versione adattata qui 🎵
Ascolta l’epitaffio di Seikilos: la voce immortale dell’antica Grecia – In questo video, la melodia viene eseguita dalla voce di Beatriz Amo e accompagnata alla lira da Gregorio Paniagua, musicista e studioso di musica antica. Il brano, classificato come skolion (un tipo di canto da simposio), viene qui ricostruito in modo ipofrigio, una scelta interpretativa basata sulla notazione greca originale.
Un documento straordinario, non solo da leggere, ma anche da ascoltare.
Clicca play per scoprire come suonava la musica di duemila anni fa.
Ritrovato vicino a Tralles e inciso su una stele funeraria dedicata a una donna di nome Euterpe, l’epitaffio fu creduto perduto durante l’incendio di Smirne, ma fu ritrovato per caso… usato come supporto per un vaso di fiori!
Oggi si trova al Museo Nazionale di Danimarca.
L’epitaffio di Seikilos e il suo messaggio eterno nella letteratura e nella musica
Il breve testo dell’Epitaffio di Seikilos, inciso su pietra quasi duemila anni fa, riecheggia profondamente in numerose opere della letteratura e del pensiero, antiche e moderne.
Il suo invito a vivere con pienezza, senza lasciarsi sopraffare dal dolore, ricorda il celebre verso oraziano “Carpe diem, quam minimum credula postero“, tratto dalle Odi, che esorta a cogliere l’attimo senza riporre troppe speranze nel domani.
Anche la filosofia epicurea, espressa nella Lettera a Meneceo, promuove una vita serena, libera dalle angosce della morte, esortando a godere delle cose semplici e a non addolorarsi troppo. L’atmosfera dell’epitaffio trova inoltre affinità nella poesia lirica greca, in particolare nei versi malinconici e festosi di Anacreonte, Saffo e Alceo, che celebrano l’amore, il vino e la giovinezza, consapevoli della fugacità dell’esistenza. In epoche successive, pensatori come Michel de Montaigne, nei suoi Saggi, hanno sottolineato l’importanza di accettare la morte per poter vivere meglio, mentre Goethe, nel Faust, dà voce al desiderio di trattenere l’attimo fuggevole con la frase “Fermati attimo! Sei così bello!”, pur sapendo che tutto scorre.
Anche Friedrich Nietzsche, in Così parlò Zarathustra, affronta questi temi, proponendo l’“amor fati” e l’eterno ritorno come modi per amare la vita nella sua totalità, senza temere la fine. Infine, nella canzone francese del Novecento, artisti come Jacques Brel, con brani come La chanson des vieux amants o Quand on n’a que l’amour, esprimono emozioni simili: la dolce malinconia del tempo che passa, l’amore come rifugio e la dignità del vivere intensamente, anche tra le lacrime.
Così, quell’antico invito a risplendere finché si è in vita continua a parlarci, attraversando epoche, lingue e culture.
*✅ Canto ionico
Nel contesto musicale moderno (dal Rinascimento in poi), il modo ionico corrisponde alla scala maggiore. È un tipo di melodia “luminoso”, stabile e aperto, che parte e si sviluppa sul primo grado della scala maggiore (es. do-re-mi-fa-sol-la-si-do in do maggiore).
Nel mondo greco antico, tuttavia, il termine “ionico” era meno usato per definire un modo musicale e più legato a un’etnia o stile (gli Ioni). Quindi, l’uso del termine “canto ionico” potrebbe riferirsi o:
- al modo ionico medievale/moderno (cioè canto in tono maggiore),
- o a una melodia in stile ionico secondo una classificazione etnica e poetica (meno musicale, più culturale).
*✅ Scala frigia
La scala frigia è un tipo di modo musicale che, in termini moderni, può essere rappresentato da una scala diatonica che parte dal terzo grado della scala maggiore. Per esempio, la scala mi-fa-sol-la-si-do-re-mi (le note del do maggiore, ma partendo da mi).
La scala frigia è caratterizzata da un suono più scuro, tensionato o “esotico” per l’orecchio moderno, a causa del secondo grado minore (fa subito dopo mi). In musica antica greca, però, le modalità erano costruite su concetti diversi dai nostri, legati anche alla tessitura vocale e ai valori morali o etici attribuiti a ogni modo.
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