L’elefante, i pulcini e il volo aereo: una storia commovente, ma non confermata 🐘🐤🐥

Elefante e pulcini in una stiva illuminata, illustrazione ispirata a una leggenda virale diffusa sui social.

Una storia commovente che gira su internet racconta di un elefante che rimane immobile in volo per non schiacciare dei pulcini. Ma è vera? Scopriamo cosa dice la realtà scientifica.


L’elefante, i pulcini e la leggenda virale: molta poesia poca realtà

Sta facendo il giro dei social una storia tanto tenera quanto sorprendente: quando un elefante deve essere trasportato in aereo, per tenerlo calmo nella stiva si mettono nella sua gabbia… dei pulcini. Minuscoli, fragili, innocui. L’elefante, dice il racconto, è così sensibile da restare immobile per non schiacciarli. Così, grazie a questo gesto “nobile”, il volo proseguirebbe senza problemi.

Il racconto prosegue con un elogio dell’empatia dell’elefante, fa riferimento a speciali cellule nel suo cervello legate alla coscienza e conclude con alcune citazioni, attribuite a Leonardo da Vinci, che descrivono l’animale come esempio di saggezza e rettitudine.

Di seguito, il racconto virale così come è apparso sui social.

Quando bisogna trasportare un elefante in aereo da un paese all’altro — ad esempio, dall’India agli Stati Uniti — nella sua gabbia vengono messi… dei pulcini.

Sì, hai letto bene: dei piccolissimi pulcini.

Perché?

Perché, nonostante la sua mole imponente, l’elefante ha un’enorme paura di fargli del male.
Per questo motivo, durante tutto il volo, rimane perfettamente immobile, per non rischiare di schiacciarne nemmeno uno.

È così che si mantiene l’equilibrio dell’aereo.
Ed è anche la prima prova della sua nobile natura.

Affascinati da questo comportamento, alcuni scienziati hanno studiato il cervello dell’elefante.
Hanno scoperto la presenza di cellule fusiformi, neuroni estremamente rari, presenti anche negli esseri umani.
Sono quelli legati alla coscienza di sé, all’empatia e alla percezione sociale.

In altre parole, l’elefante non è solo grande fisicamente: lo è anche emotivamente.
Sente, comprende, agisce con una saggezza silenziosa.

Leonardo da Vinci, profondamente affascinato dalla natura, scrisse di lui:

«L’elefante incarna la rettitudine, la ragione e la temperanza.»

E aggiunse:

Entra nel fiume e si bagna con una sorta di solennità, come se volesse purificarsi da ogni male.
Se incontra un uomo smarrito, lo accompagna dolcemente verso la strada giusta.
Non cammina mai da solo: sempre in gruppo, sempre guidato da un capo.
È pudico.
Si accoppia solo di notte, lontano dal branco, e prima di tornare tra i suoi simili, si lava.
E se sul cammino incontra una mandria, la sposta con delicatezza con la proboscide, per non ferire nessuno.

Ma ciò che commuove più di ogni altra cosa è questo:
quando l’elefante sente che la fine si avvicina, si allontana dal branco e va a morire da solo, in un luogo appartato.

Perché lo fa?

Per risparmiare ai più giovani il dolore di vederlo morire.

Per pudore. Per compassione. Per dignità.

Tre virtù rare.
Anche tra gli uomini.

È un testo che colpisce, emoziona e si condivide facilmente.

Ma quanto c’è di vero?

Elefante e pulcini in una stiva illuminata, illustrazione ispirata a una leggenda virale diffusa sui social.

Pulcini e voli aerei: nessuna conferma ❌

L’idea dei pulcini usati per tenere tranquillo un elefante durante un volo è suggestiva, ma non esistono prove, documentazioni ufficiali né testimonianze attendibili che la confermino. Le operazioni di trasporto aereo di elefanti – rarissime e complesse – vengono effettuate con il supporto di team veterinari, contenitori speciali e talvolta sedativi leggeri, mai con l’utilizzo di altri animali nella gabbia. [1]

Siamo quindi di fronte a una narrazione poetica, non a un fatto verificato.

Empatia: qui la scienza dice sì ✔️👍

Una parte del racconto è invece supportata dalla scienza: gli elefanti possiedono cellule fusiformi, neuroni associati a empatia, autocoscienza e relazioni sociali complesse. Sono le stesse presenti nell’uomo, nei delfini e nei grandi primati. Numerosi studi (tra cui quelli di Hakeem et al., 2009) confermano che gli elefanti sono animali altamente sensibili e intelligenti.

In altre parole: sì, l’elefante è davvero capace di empatia, anche se non servono pulcini per provarlo.

Le citazioni di Leonardo? Non documentate 📄🔍

Le frasi attribuite a Leonardo da Vinci, per quanto affascinanti, non risultano nei suoi testi ufficiali. Non compaiono nei codici conosciuti né nelle raccolte affidabili delle sue opere. È possibile che derivino da libere interpretazioni successive o da testi apocrifi, ma al momento non ci sono fonti che ne confermino l’autenticità.

Il mito dell’elefante che si isola per morire

La storia si chiude con un’immagine toccante: l’elefante che, sentendo la morte avvicinarsi, si allontana dal branco per risparmiargli la sofferenza. Questo racconto è profondamente radicato nella cultura popolare, ma non è supportato da evidenze scientifiche solide. Alcuni elefanti anziani tendono a isolarsi, è vero, ma le cause sono fisiologiche o legate alla debolezza, non necessariamente a una scelta cosciente o “pudica”. [2]


Insomma…

Siamo di fronte a una leggenda moderna: una storia emotiva che unisce brani di verità scientifica a elementi romanzati o non verificabili. È facile capire perché si diffonda: ci parla di empatia, di rispetto per la vita, di saggezza animale — temi che toccano corde profonde in chi la legge.

Non è necessario smontarla con durezza: basta riconoscerla per ciò che è. Un racconto poetico, bello da leggere, ma non confermato dalla realtà dei fatti. E per fortuna, l’elefante rimane un essere affascinante anche senza pulcini nella stiva.

Ma perché queste storie si diffondono così tanto?

Nel mondo digitale, racconti come quello dell’elefante e dei pulcini si diffondono rapidamente perché rispondono a un bisogno emotivo: ci commuovono, ci fanno sentire che nel mondo esistono ancora gentilezza, empatia, poesia.

Spesso si tratta di narrazioni costruite con ingredienti potenti:

  • un animale maestoso con un’anima “nobile”,
  • un gesto di delicatezza inattesa,
  • un messaggio morale finale che colpisce il cuore.

Ma non è tutto. Molte pagine, profili e canali social condividono questi contenuti proprio perché generano condivisioni facili, traffico, like e visibilità. È il cosiddetto engagement baiting: sfruttare storie emozionali per attirare l’attenzione e far crescere numeri, anche a scapito dell’accuratezza.

E non sempre si fa per cattiveria: spesso si tratta solo di superficialità, o del desiderio di “postare qualcosa di bello”. Ma distinguere tra realtà e racconto è importante: non per spegnere le emozioni, ma per imparare a navigare il web con più consapevolezza, e magari meravigliarsi ancora di più della realtà, che è già straordinaria senza bisogno di abbellimenti.


Hai informazioni in più su questa leggenda? 🔍

Conosci l’origine di questo racconto, l’autore del testo virale o fonti che lo contestualizzano meglio?
Oppure vuoi condividere qualche approfondimento serio sul comportamento degli elefanti e sull’etologia?

Scrivici nei commenti o tramite email: ogni contributo è benvenuto, soprattutto quando aiuta a distinguere tra poesia, mito e realtà. 🐘✨.


  • [1] https://www.ifaw.org/international/journal/how-to-move-elephants
  • [2]
    • https://www.livescience.com/animals/elephants/do-elephant-graveyards-really-exist
    • https://www.psychologytoday.com/us/blog/animal-emotions/201811/do-animals-really-leave-their-group-go-die

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About Silvia S. 19 Articles
Silvia è laureata in Scienze Biologiche con un'innata passione per la natura e la biologia. Profondamente coinvolta nell'esplorazione del vivente, ama condividere le sue conoscenze e scoperte, credendo fermamente nel potere della condivisione e dell'educazione.

1 Commento

  1. tanti anni fa, salendo al rifugio Vittorio Emanuele in valsavarenche ho visto un anziano camoscio scendere sul sentiero di accesso al rifugio, seguito da un camoscio molto giovane. Passava indifferente tra le tante persone che stavano salendo al rifugio, non mostrando la minima paura. Il cucciolo, invece, soffermava il suo sguardo sugli escursionisti, quasi a cercare un aiuto. Erano gli ultimi anni ’80, eppure il ricordo è ancora molto vivo in me. Un animale anziano che cerca di isolarsi, certo della sua morte, e un giovane cucciolo che fa di tutto per rimanergli vicino.

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