Notizie che dovrebbero essere in prima pagina, ma stranamente non lo sono

Due viaggiatori osservano un orizzonte industriale inquinato, immersi in una luce malinconica al tramonto.

Mentre l’attenzione pubblica è concentrata su crisi immediate e comprensibili — guerre, elezioni, tensioni economiche — stiamo assistendo, quasi distrattamente, all’avvelenamento degli oceani, alla sparizione silenziosa delle foreste, al crollo della fertilità del suolo, alla scomparsa di insetti e megafaune, alla normalizzazione del caos climatico, all’irruzione della plastica nel nostro sangue e a un’estinzione di massa che non è più una minaccia futura, ma un processo già in corso – e tutto questo, incredibilmente, rimane ai margini dell’informazione quotidiana.


A volte mi chiedo — e non sono l’unica — se tutto questo modo di raccontare il presente non sia eccessivo, allarmista, persino paranoico. Se anche io, come tanti attivisti, biologi, climatologi, studiosi del suolo e della biodiversità, non stia scivolando in una narrazione da “eco-terrorista”, uno di quelli che parlano di collasso, fine del mondo, punti di non ritorno, e che nessuno più prende sul serio perché “troppo cupi”, “troppo estremi”.

È una domanda legittima. Ed è proprio per questo che continuo a farmela.

Ma poi mi fermo, guardo i dati. Le curve. I trend. Gli studi. Gli eventi estremi. Le specie scomparse. I raccolti che falliscono. Il clima che non si riconosce più. E la domanda cambia: come si può non parlarne? Come si può non gridarlo, anche a costo di sembrare catastrofista?

Perché il vero catastrofismo, oggi, è il silenzio.

1) Gli oceani stanno morendo

Se lo dicessimo senza prove, suonerebbe come un’esagerazione emotiva. Ma i numeri parlano chiaro: tra 82 e 358 trilioni di particelle di microplastica galleggiano oggi nei mari del mondo, secondo una stima pubblicata su PLOS ONE. Una quantità che sta crescendo a un ritmo esponenziale, infiltrandosi in ogni anello della catena alimentare marina.

Ma la plastica è solo una parte del problema.

La pesca industriale ha svuotato interi tratti di oceano, distruggendo habitat come le barriere coralline e provocando il collasso di diverse popolazioni ittiche. La temperatura dell’acqua continua a salire, alterando le correnti marine e provocando episodi di sbiancamento massivo dei coralli, che spesso non si riprendono più. Gli oceani assorbono circa il 30% della CO₂ prodotta dalle attività umane, ma questo processo sta rendendo le acque sempre più acide, mettendo a rischio la sopravvivenza di molluschi, crostacei e plancton calcificato.

Nel profondo, lontano dalla vista e dal rumore del mondo in superficie, milioni di tonnellate di rifiuti plastici giacciono sul fondale (una realtà documentata anche da uno studio del 2020 (Chiba et al.) che ha identificato plastica a oltre 10.000 metri di profondità nella Fossa delle Marianne).

Stiamo parlando del sistema vivente più vasto del pianeta, e lo stiamo trasformando in una zuppa tossica senza via d’uscita. Gli oceani regolano il clima, producono gran parte dell’ossigeno che respiriamo, sfamano miliardi di persone.

Se muoiono loro, non è un’iperbole dire che moriamo anche noi.

2) Le foreste stanno sparendo

Le foreste sono spesso raccontate come luoghi lontani, quasi mitici. Ma la verità è che stanno scomparendo davanti ai nostri occhi, e il processo non rallenta: ogni anno perdiamo circa 10 milioni di ettari di foresta, secondo la FAO.

È come se cancellassimo dalla mappa un’intera nazione verde, anno dopo anno.

Le cause sono note, ma poco affrontate: deforestazione per agricoltura industriale (soia, palma da olio, allevamenti intensivi), taglio illegale, incendi, molti dei quali dolosi o legati alla siccità. A questo si somma il clima che cambia, portando con sé parassiti, desertificazione e ondate di calore letali per interi ecosistemi arborei.

Il problema non riguarda solo l’Amazzonia, anche se è l’epicentro simbolico. Dalla Siberia all’Africa centrale, dall’Indonesia al bacino del Congo, le grandi foreste primarie stanno cedendo il passo a pascoli, piantagioni e miniere. E con loro spariscono anche le migliaia di specie che vi abitano, molte delle quali non ancora scoperte.

Ma forse il dato più inquietante è che stiamo perdendo anche la capacità rigenerativa del pianeta. Le foreste non sono solo “belle” o “importanti”: sono centrali nella regolazione del clima, nel ciclo dell’acqua, nella stabilità dei suoli. Senza di loro, le piogge si fanno irregolari, la siccità si estende, e l’atmosfera si satura di carbonio.

Non si tratta solo di perdita ecologica. È perdita di futuro.

3) Il suolo è sempre meno fertile

Non fa rumore, non fa notizia, eppure sta accadendo sotto i nostri piedi. Il suolo fertile — quella sottile pelle viva che nutre tutte le coltivazioni del mondo — sta morendo. E con esso, lentamente, muore anche la nostra capacità di produrre cibo.

Secondo la FAO, il 33% dei suoli del pianeta è già in stato di degrado moderato o grave, a causa di erosione, salinizzazione, compattazione, acidificazione, perdita di materia organica. Uno studio su ScientificAmerican stima che potremmo avere solo 60 anni di agricoltura sostenibile se il ritmo attuale di degrado non cambia. A quel punto, interi ecosistemi agricoli rischiano il collasso.

Non si tratta solo di perdita di produttività: un suolo impoverito trattiene meno acqua, favorisce l’erosione, perde biodiversità microbica e rilascia più carbonio. È una spirale discendente che minaccia sicurezza alimentare, resilienza climatica e biodiversità.

A questo si aggiunge la pressione crescente dell’agricoltura intensiva, che impoverisce il terreno con cicli esasperati di coltivazione, pesticidi e fertilizzanti chimici.

Il risultato?

Campi apparentemente produttivi, ma biologicamente morti.

Il suolo non è una “risorsa” infinita. Per formare pochi centimetri di humus servono centinaia di anni. Stiamo distruggendo in decenni ciò che la Terra ha costruito in millenni.

E anche questa, incredibilmente, non è una notizia da prima pagina.

4) Gli insetti stanno scomparendo

Sono piccoli, silenziosi, spesso invisibili — ma senza di loro, il mondo come lo conosciamo non può esistere.

Gli insetti impollinano circa il 75% delle colture alimentari del pianeta, decompongono la materia organica, nutrono uccelli e anfibi, regolano gli equilibri biologici dei suoli. Eppure, stanno scomparendo a un ritmo drammatico.

Una revisione globale pubblicata su Biological Conservation nel 2019 ha analizzato 73 studi condotti in tutto il mondo e lanciato l’allarme: oltre il 40% delle specie di insetti è in declino, e circa un terzo è a rischio di estinzione. I ricercatori avvertono che, se non cambiamo rotta, potremmo assistere a un’estinzione di massa degli insetti nel giro di pochi decenni.

Uno dei coautori, Francisco Sánchez‑Bayo, ha affermato: “The trends confirm that the sixth major extinction event is profoundly impacting [on] life forms on our planet”

«Le tendenze confermano che il sesto grande evento di estinzione sta avendo un impatto profondo sulle forme di vita del nostro pianeta.»

5) La plastica è entrata nei nostri corpi

Non solo mari e spiagge inquinate. La plastica, dopo aver colonizzato ogni angolo del pianeta, è entrata dentro di noi. Microplastiche e nanoplastiche sono state rilevate nel sangue, nei polmoni, nella placenta, nel latte materno. I frammenti invisibili di bottiglie, fibre sintetiche, imballaggi e cosmetici percorrono ora il nostro stesso sistema circolatorio.

Un studio pionieristico del 2022 su Environment International, condotto da ricercatori della Vrije Universiteit Amsterdam, ha rilevato microplastiche nel 77–80% dei campioni di sangue umano, per la prima volta in vivo.

È stato dimostrato che questi microframmenti possono viaggiare nel sangue e potenzialmente depositarsi in organi, e talvolta viaggiano anche attraverso la placenta, contaminando i feti durante la gravidanza.

Altri studi hanno trovato microplastiche nei polmoni, nel latte materno, nei vasi sanguigni, nei testicoli e nella placca aterosclerotica arteriosa, sollevando preoccupazioni circa infiammazioni croniche, interferenze endocrino-metaboliche e potenziali danni cellulari.

Secondo una stima del WWF, ogni settimana ingeriamo fino a 5 g di plastica (praticamente una carta di credito) attraverso acqua, cibo e aria. È una questione biologica, intima, corporea.

Non possiamo più dire “fuori di noi”. La plastica è dentro. È noi.

6) L’estinzione di massa è già iniziata

Quando sentiamo parlare di estinzioni, immaginiamo scenari antichi: i dinosauri, i mammut, il passato remoto della Terra. Eppure oggi, stiamo vivendo una nuova estinzione di massa, ed è la prima provocata da una sola specie: la nostra.

Secondo uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), le attuali estinzioni di vertebrati stanno avvenendo a una velocità almeno 100 volte superiore al tasso naturale . Il ritmo è così rapido da essere paragonabile a quello della grande estinzione del Cretaceo, che cancellò i dinosauri. Solo che questa volta, non c’è un meteorite. C’è l’essere umano.

Gli scienziati parlano apertamente di “biological annihilation”: un termine scelto non per creare panico, ma per descrivere la perdita di intere popolazioni animali, non solo di specie. Non parliamo solo delle tigri, dei panda o dei rinoceronti: anche animali comuni, una volta abbondanti — rondini, ricci, anfibi, pesci di fiume — stanno scomparendo in silenzio, spesso senza che nessuno se ne accorga.

Secondo la Red List dell’IUCN, oltre 42.000 specie sono attualmente minacciate di estinzione, incluse migliaia di vertebrati, insetti, piante e funghi. Una perdita non solo biologica ma culturale, etica, ecologica. Ogni specie che sparisce porta con sé milioni di anni di evoluzione, di equilibrio, di connessioni invisibili.

L’estinzione di massa non è un evento futuro. È una realtà presente, misurabile, già in atto. E ciò che la rende più spaventosa è che non ne parliamo abbastanza.

7) Il caos climatico è la nuova normalità

Per anni lo abbiamo chiamato “cambiamento climatico”, come se fosse un lento spostamento delle stagioni. Ma oggi quel termine non basta più. È caos climatico. E sta diventando la nuova normalità.

Ondate di calore estreme, incendi fuori controllo, alluvioni improvvise, siccità prolungate, cicloni sempre più violenti, non sono più eccezioni. Sono la regola. Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato nella storia umana, e il 2024 sta proseguendo sulla stessa traiettoria, con temperature marine e atmosferiche record, dallo Stretto di Gibilterra all’Antartide.

Secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, negli ultimi 20 anni si è verificato un aumento significativo della frequenza e intensità di eventi estremi legati al clima, con danni umani, sociali ed economici crescenti. Milioni di persone sono già state costrette a migrare a causa di desertificazione, innalzamento del mare e collasso delle risorse idriche. Eppure, queste migrazioni climatiche raramente vengono riconosciute per quello che sono: l’effetto diretto di un pianeta che reagisce al nostro impatto.

Il clima non è più stabile. È fuori asse. E ogni frazione di grado in più significa aumento della violenza meteorologica, perdita di biodiversità, collasso agricolo, conflitti.

L’emergenza è grave di per sé in quanto sta accadendo. Ma ancora più grave è il fatto che lo stiamo normalizzando.

Due viaggiatori osservano un orizzonte industriale inquinato, immersi in una luce malinconica al tramonto.

8) Le megafaune stanno scomparendo

Animali iconici come elefanti, balene, tigri e orsi polari (la cosiddetta “megafauna”) stanno scomparendo prima ancora di finire in prima pagina. Un recente studio pubblicato su Nature Communications analizza i dati genomici di 139 specie viventi di megafauna e rivela che il 91% ha subìto un declino demografico nel Quaternario (periodo che va da circa 2,5 milioni di anni fa a oggi), un calo iniziato con l’espansione umana, non con il cambiamento climatico.
Questo studio dimostra chiaramente che le specie più grandi hanno registrato i peggiori cali, spesso legati a caccia, perdita di habitat e frammentazione ecologica.

Oltre ai dati genetici, altre ricerche di Nature Communications mostrano che più del 60% delle specie di megafauna oggi è in declino, e più della metà di queste è considerata minacciata di estinzione sul breve periodo .

Non si tratta solo di animali da cartolina. Gli elefanti modellano i paesaggi, sperimentano cicli idrici e diffondono migliaia di semi; le balene sequestrano carbonio nei loro corpi e fertilizzano gli oceani. La loro scomparsa è un vuoto che non si colmerà facilmente, eppure viene raccontata poco, forse perché il loro declino è lento, lontano dai nostri occhi, ma inevitabile.


L’economia della crescita non contempla la sopravvivenza 📈


Dietro ognuna di queste crisi si intravede una matrice comune: un modello economico che non considera la vita come priorità. Crescere sempre, produrre sempre, consumare ovunque, anche a costo di bruciare le fondamenta stesse che ci tengono in piedi.

Non si tratta di fare allarmismo. Né di rinunciare a tutto. Si tratta di guardare in faccia la realtà. E capire che non può esserci futuro su un pianeta esausto, avvelenato, spogliato di tutto ciò che lo rende vivo.

È difficile essere ottimisti, oggi. In un tempo segnato da conflitti, crisi politiche e collasso di valori condivisi, la speranza può sembrare ingenua o addirittura fuori luogo. Ma arrendersi non è un’opzione.

Possiamo — anzi, dobbiamo — unire le nostre forze con quelle di persone, comunità e organizzazioni che ogni giorno provano a invertire la rotta. C’è chi difende un bosco, chi rigenera un terreno, chi accoglie, chi educa, chi viaggia per condividere e non per consumare. Non si tratta di salvare il mondo da soli. Si tratta di non essere soli nel provarci.

Anche per questo esiste Viaggiare Con Lentezza: per segnalare alternative, raccontare esperienze, costruire connessioni tra chi crede ancora che un altro modo di abitare il pianeta sia possibile — e necessario.


Fonti e approfondimenti

  1. https://research.csiro.au/marinedebris/publications/peer-reviewed-publications/
  2. https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC7475234
  3. https://www.wired.com/story/microplastics-are-polluting-the-ocean-at-a-shocking-rate
  4. https://www.fao.org/state-of-forests/en/
  5. https://ourworldindata.org/deforestation
  6. https://www.lse.ac.uk/granthaminstitute/
  7. https://gfr.wri.org/latest-analysis-deforestation-trends
  8. https://research.wur.nl/en/publications/assessing-soil-fertility-decline-in-the-tropics-using-soil-chemic
  9. https://www.scientificamerican.com/article/only-60-years-of-farming-left-if-soil-degradation-continues
  10. https://www.boerenlandvogels.nl/sites/default/files/2019-02/Sanchez-Bayo%20%26%20Wyckhuys%202019.pdf
  11. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0160412022001258
  12. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33395930/
  13. https://wwf.panda.org/wwf_news/?348337/Revealed-plastic-ingestion-by-people-could-be-equating-to-a-credit-card-a-week
  14. https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.1501191112
  15. https://wmo.int/publication-series/state-of-global-climate
  16. https://climate.copernicus.eu/
  17. https://www.nature.com/articles/s41467-023-43426-5

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About Silvia S. 21 Articles
Silvia è laureata in Scienze Biologiche con un'innata passione per la natura e la biologia. Profondamente coinvolta nell'esplorazione del vivente, ama condividere le sue conoscenze e scoperte, credendo fermamente nel potere della condivisione e dell'educazione.

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