Ho deciso di scrivere questo articolo dopo aver letto, su un sito “gourmet” (di cui purtroppo ho perso il link), una critica rivolta ai vegetariani che consumano prodotti vegetali “che sembrano carne”. Secondo l’autore — e forse anche secondo una certa parte del pensiero gastronomico — chi sceglie di non mangiare carne dovrebbe evitare qualsiasi cibo che ne richiami l’aspetto, il gusto o la consistenza. Insomma, o sei coerente fino in fondo o non lo sei affatto. Questa posizione, che trovo piuttosto superficiale e persino arrogante, mi ha spinta a riflettere e a raccontare la mia esperienza: perché sì, sono vegetariana, mangio hamburger vegetali… e mi sento perfettamente coerente.
Anzi, forse più coerente di chi pretende di giudicare scelte altrui da una poltrona rivestita di pelle.
Sono vegetariana da quasi vent’anni. Simpatizzante per il veganesimo, sì, ma senza estremismi o bisogno di convertire il prossimo. Sono diventata vegetariana per quella che molti definirebbero “la ragione più debole”: l’etica.
Sì, perché secondo una certa narrazione dominante, uccidere un animale può essere giustificabile per la propria sopravvivenza, per la salute o addirittura per tradizione. Ma per me, semplicemente, non è più accettabile. Non lo è da quando ho visitato una fattoria industriale di maiali, in Italia, insieme ad alcuni amici. Un’esperienza che mi ha cambiata.
Fino a quel momento, la carne mi piaceva. Anche molto.
Ma, a pensarci bene, mi piaceva soprattutto quella “processata”: i salami, i prosciutti, le cotolette impanate… Quella carne da supermercato che non ti ricorda più da dove viene. Senza occhi, senza tendini, senza ossa. Quella che ti fa dimenticare che un essere senziente è stato allevato (male) e ucciso (in fretta) per produrla.
La verità è che mi piaceva il gusto, non la violenza.
Ed è proprio per questo che oggi, da vegetariana, rivendico il mio sacrosanto diritto di scegliere prodotti vegetali che assomigliano alla carne, senza essere carne. Se un hamburger fatto con piselli, barbabietola e aromi riesce a darmi lo stesso gusto che conoscevo fin da bambina — senza che nessun animale venga ucciso — non solo lo trovo coerente. Lo trovo evoluto.
Scrivere che non sono coerente perché sono vegetariana ma mangio burger vegetali è come scrivere che un ex-fumatore è incoerente se mastica gomme alla nicotina. O che un astemio è incoerente se beve una birra analcolica.
La coerenza non è rinuncia. È consapevolezza.
C’è una narrazione tossica, in certi ambienti “gourmet”, secondo cui il vegetarianesimo deve essere una sorta di penitenza. Come se la scelta di non mangiare animali dovesse per forza coincidere con una vita gastronomicamente triste, fatta solo di foglie verdi e tofu insipido.
No, grazie.
Essere vegetariani nel 2025 significa avere accesso a una miriade di alternative. Alcune sono “naturali”, altre sono lavorate. Alcune imitano la carne, altre no. Ma tutte rispondono allo stesso principio: vivere bene nuocendo il meno possibile agli altri.
C’è davvero qualcosa di incoerente in questo?
La critica ai “finti hamburger” è superficiale (e classista)
Quando leggo articoli su siti di cucina o lifestyle che attaccano i “finti hamburger” – quelli fatti con proteine vegetali ma che imitano la carne – mi sembra di vedere una critica snob travestita da argomento morale. Una polemica sterile, che finge di voler difendere “la coerenza” ma in realtà nasconde solo pregiudizio.
In realtà, questi prodotti sono:
- una porta d’ingresso per tanti onnivori curiosi,
- una soluzione concreta per chi vuole ridurre il proprio impatto ambientale,
- una scelta personale e valida anche per chi è vegetariano da decenni.
Perché dovrei mangiare solo ceci interi, quando posso avere un burger vegetale che mi ricorda quelli mangiati con mio padre da piccola — ma senza lo stesso prezzo in termini di sofferenza animale e disastro ecologico?
📚 Vuoi sapere se la dieta vegetariana è davvero equilibrata dal punto di vista nutrizionale?
Leggi questo approfondimento del National Health Service (NHS) britannico:
👉 Vegetarian and vegan diets – nutrition guide (NHS)
Chi decide cosa è “coerente”?
Essere coerenti non significa aderire a un ideale rigido e ascetico. Significa agire in accordo con i propri valori. E i miei valori sono semplici:
- non uccidere esseri senzienti se non è necessario,
- ridurre il mio impatto ambientale,
- vivere in modo più giusto per tutti gli abitanti del pianeta, umani e non umani.
Se riesco a fare tutto questo mangiando un burger vegetale che ha lo stesso sapore di un cheeseburger anni ’90, ben venga.
Non c’è nulla di incoerente nel voler ritrovare sapori familiari senza causare sofferenza. Anzi, c’è coerenza e anche un pizzico di poesia.
Perché ogni volta che scelgo una cotoletta vegetale, sto dicendo: “ricordo quel sapore, ma ho imparato a fare meglio”.
E questo, secondo me, è il massimo della coerenza.

Leave a Reply