Ha ancora senso studiare?

Che senso ha studiare oggi? Giovane sotto un ulivo in un orto scrive su quaderno, laptop accanto; IA e apprendimento lento nella natura.

(Alla luce dell’avvento dell’IA generativa)

Ha ancora senso studiare? Sì, ha senso. Anzi, ne ha più di prima. Non perché lo chieda il mercato, ma perché studiare ci rende più liberi, più capaci di prenderci cura gli uni degli altri e del pianeta. La domanda resta utile però: che cosa significa “studiare” in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale scrive testi, riassume ricerche, genera immagini e corregge compiti?

Studiare oggi vuol dire imparare a usare strumenti potenti senza delegare loro il pensiero. Vuol dire capire come funzionano, quando sbagliano e quali costi sociali e ambientali comportano. Di seguito un quadro semplice, basato su ricerche e report che potete esplorare con i link.

Cosa sa fare l’IA, e cosa no

Negli ultimi anni i modelli generativi sono migliorati nella sintesi dei testi, nel codice e nella creazione di contenuti, ma restano fragili sul ragionamento profondo, sul contesto e sull’affidabilità delle fonti. Lo mostra l’AI Index 2025 di Stanford, che fotografa progressi rapidi insieme a bias, allucinazioni e costi computazionali rilevanti per scuola e lavoro (Stanford HAI, overview; PDF completo).

Anche l’OCSE ricorda che introdurre l’IA a scuola significa ripensare didattica e valutazione, non solo aggiungere strumenti (OECD, Education & AI).

Lavoro: meno sostituzione, più trasformazione

Non sembra esserci una “sparizione” generalizzata dei lavori, ma piuttosto una trasformazione di molti compiti.

L’ILO stima che circa un quarto delle occupazioni sia esposto alla generativa, con effetti più di riorganizzazione che di rimpiazzo, se accompagnati da politiche e formazione adeguate (ILO, 2025 update). Il World Economic Forum segnala la crescita congiunta di competenze tecnologiche e competenze umane come creatività, collaborazione e apprendimento continuo (WEF, Future of Jobs 2025; PDF). Sul fronte produttività, McKinsey stima un potenziale impatto elevato ma molto eterogeneo, dipendente da organizzazione del lavoro e upskilling (The economic potential of generative AI; State of AI).

Italia: opportunità e ritardi

In Italia, la domanda di competenze digitali cresce, ma la base resta fragile.

Nel 2024 solo il 45,8% degli italiani aveva competenze digitali di base e solo l’8% delle imprese dichiarava di usare l’IA, secondo dati europei e ISTAT riportati da Reuters (Digital Decade, scheda Italia; Reuters). Nella scuola, si stanno testando strumenti di insegnamento assistito da IA per personalizzare l’apprendimento (Reuters, pilota a scuola).

Il titolo di studio conta ancora, ma non basta

A livello internazionale il titolo di studio continua ad associarsi a migliore occupazione e redditi più alti, con differenze tra Paesi e discipline.

In Italia il Rapporto AlmaLaurea 2025 descrive un miglioramento dei tassi di occupazione e delle retribuzioni dei laureati (sintesi PDF; pagina indagine). A livello comparato, Education at a Glance 2024 dell’OCSE conferma il legame tra istruzione e risultati occupazionali (overview; PDF). Detto questo, non mancano percorsi extra-accademici: impresa, artigianato, agricoltura rigenerativa, contenuti online. Studiare resta utile proprio per scegliere con consapevolezza e non inseguire modelli preconfezionati.

Che cosa dice la ricerca sull’apprendimento con l’IA

I risultati finora sono misti.

In trial randomizzati universitari, sistemi di feedback assistiti da IA hanno prodotto riscontri tempestivi e di qualità comparabile a quelli dell’istruttore, migliorando gli esiti degli studenti (PLOS ONE, RCT su grading e feedback). Quando l’IA supporta l’insegnante, la capacità di aiutare gli alunni aumenta, come nel progetto Tutor CoPilot di Stanford (Education Week; nota Stanford).

Altri lavori segnalano il rischio di cognitive offloading: se deleghiamo troppo al chatbot, si appiattisce il pensiero critico e l’autonomia (Societies, 2025). Meta-analisi recenti indicano benefici medi, ma condizionati all’uso guidato e riflessivo (Nature HSS Communications, 2025).

Per questo l’UNESCO propone linee guida per un uso umanocentrico: trasparenza, tutela dei dati, alfabetizzazione digitale e nuove forme di valutazione orientate al processo (UNESCO, Guidance).

Siamo pronti per una società cibernetica? 🤖

Il costo ecologico dell’IA

Se l’IA promette efficienza, non è senza impatto.

L’IEA stima che i consumi elettrici dei data center possano più che raddoppiare entro il 2030, con l’IA come principale driver (IEA, news 2025; Executive summary Energy & AI). Cresce anche l’uso di acqua per il raffreddamento, con effetti territoriali non banali (EESI; MIT News). Questo rende ancora più attuale la sobrietà digitale: usare il digitale quando serve, quanto serve, con dispositivi longevi e software leggeri (The Shift Project, Lean ICT).


Allora che senso ha studiare, in concreto

Fondamenta

Lingua, matematica, scienze, storia, economia politica.

Senza basi non riconosciamo gli errori dei modelli e non sappiamo verificare le fonti.

Alfabetizzazione all’IA

Capire come porre domande, rileggere criticamente le risposte, proteggere i dati, distinguere tra assistenza e surroga. Le linee UNESCO sono una buona bussola per scuole, biblioteche, università e percorsi informali (UNESCO).

Progetti reali e comunità

Dalla manutenzione e riparazione di oggetti all’agricoltura rigenerativa, dal giornalismo dal basso ai laboratori di quartiere. L’IA può aiutare a documentare, tradurre, simulare scenari, ma il valore nasce dall’intreccio con le persone, i territori e i cicli naturali. Qui contano tempo, cura, lentezza, non solo la velocità.

Una domanda aperta…

È giusto che siamo noi a doverci adattare alle macchine?

Forse la domanda va capovolta. Studiare serve a disegnare strumenti che si adattino alla vita, non il contrario. A scegliere quando spegnere, quando ridurre, quando imparare dalla terra e dalle relazioni. In questo senso, sì, studiare ha ancora senso. Ha il senso di ogni gesto che ci restituisce autonomia, dignità e bellezza condivisa.

NEET: una frattura educativa nell’era dell’IA

Parlare di studio oggi significa anche guardare a chi resta ai margini.

Nel 2024 in Italia i giovani 15–29 anni che non studiano e non lavorano erano il 15,2%, con quote molto più alte nel Mezzogiorno (ISTAT, Noi Italia). La media UE nello stesso anno è stata attorno all’11% (Eurostat). Conta anche il titolo di studio: in Europa il tasso NEET è sensibilmente più basso tra i giovani con istruzione terziaria rispetto a chi ha bassi livelli educativi (Eurostat, dettaglio per livello di istruzione).

Che c’entra l’IA? Può diventare una nuova linea di frattura. Senza alfabetizzazione digitale e tutoraggio umano, l’accesso ai benefici della generativa rischia di concentrarsi tra chi ha già risorse, lasciando indietro chi ha meno mezzi e reti sociali (Brookings; rassegna sul digital divide in educazione AI).

Ma l’IA può essere anche un ponte se usata in spazi comunitari e a bassa soglia: biblioteche di paese, laboratori di riparazione, orti condivisi, centri giovanili. Qui si può lavorare su obiettivi concreti: rimettere in moto lo studio con micro-attività guidate, migliorare la ricerca di lavoro, costruire piccole iniziative locali e green (artigianato, agricoltura rigenerativa, cura e servizi alla comunità), usando strumenti digitali in modo sobrio e con accompagnamento umano.

Le politiche pubbliche vanno nella stessa direzione quando puntano su presa in carico, formazione breve e tirocini di qualità. In Italia la Garanzia Giovani rafforzata e le nuove misure di politiche attive sono monitorate da INAPP: l’efficacia cresce se i percorsi sono personalizzati, con tutoraggi reali e collegati ai territori.

Un’attenzione va alla salute mentale.

Ansia e depressione sono diffuse tra adolescenti e giovani e ostacolano il rientro in formazione e lavoro. OMS e UNICEF stimano che circa 1 ragazzo su 7 tra 10 e 19 anni conviva con un disturbo mentale. Servono servizi accessibili, cura delle relazioni e ambienti di apprendimento che non stressino l’attenzione (OMS–UNICEF, 2024).

In pratica: studiare ha senso anche per i ragazzi fuori dai radar se lo riportiamo vicino alla vita. Laboratori brevi su competenze di base, alfabetizzazione all’IA, scrittura di CV e portfolio, orientamento al lavoro utile alla comunità, mentorship tra pari. L’IA aiuta quando serve a organizzare, tradurre, simulare e documentare, ma la differenza la fanno il tempo, la cura e le reti locali.

 


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About Silvia S. 38 Articles
Silvia è laureata in Scienze Biologiche con un'innata passione per la natura e la biologia. Profondamente coinvolta nell'esplorazione del vivente, ama condividere le sue conoscenze e scoperte, credendo fermamente nel potere della condivisione e dell'educazione.

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