Quand’è che le piante carnivore hanno cominciato a mangiare carne?

Coltivazione di Venere acchiappamosche (Dionaea muscipula) in serra, con numerose trappole rosse aperte

 Le piante carnivore affascinano perché ribaltano un’idea che diamo per scontata: nel regno vegetale non ci sono solo organismi che vivono di luce, acqua e suolo. Alcune specie hanno sviluppato vere trappole per catturare piccoli animali e trarne nutrienti preziosi. Ma quando le piante carnivore hanno iniziato a mangiare carne? La risposta guarda molto indietro nel tempo: si tratta di adattamenti comparsi milioni di anni fa, nati come risposta a un problema semplice e quotidiano per una pianta che cresce in ambienti poveri di nutrienti

.Ascidi pendenti di Nepenthes, pianta carnivora tropicale, con foglie a brocca verdi in cui annegano gli insetti

Trappola a brocca: nephentes

Perché una pianta “sceglie” la carne

Il menù tipico delle piante è noto: luce per la fotosintesi, acqua e sali minerali dal terreno. In ambienti come torbiere acide, sabbie nutrienti o rocce umide dove l’azoto e il fosforo scarseggiano, la crescita diventa difficile. Catturare insetti fornisce un’integrazione proteica che consente di sopravvivere e competere meglio. Non si tratta di “fame di energia”, perché l’energia continua a venire dal sole; la preda è soprattutto una fonte di minerali, in primis azoto.

In pratica, dopo la cattura, molte piante carnivore ricoprono l’insetto con secrezioni ricche di enzimi digestivi che scompongono proteine e altre molecole complesse. I nutrienti liberati vengono poi assorbiti dalla superficie fogliare.

È un processo che, per alcuni aspetti, ricorda la digestione animale.

Foglia di Drosera con tentacoli rossi e gocce vischiose che avvolgono una mosca

Trappola adesiva: drosera

Carnivoria piena e “protocarnivoria”

Oltre alle specie note a tutti, esistono piante che non sono carnivore “classiche” ma mostrano caratteristiche intermedie. Alcune petunie, il tabacco ornamentale e perfino certi gerani possiedono superfici fogliari con ghiandole appiccicose che possono intrappolare piccoli insetti. In vari casi queste piante traggono un vantaggio indiretto dalla cattura, ad esempio riducendo gli erbivori o assorbendo sostanze rilasciate dalla decomposizione sulla lamina fogliare.

È un’area di confine che molti botanici descrivono come protocarnivoria.

Macro di una mosca sulla trappola della Venere acchiappamosche, con ciglia marginali e peli sensoriali ben visibili

Trappola a scatto: venere acchiappamosche

Trappole: adesive, a scatto e… a brocca

Le strategie sono diverse e spesso spettacolari:

Trappole adesive. La drosera (rossolis), spontanea anche nelle nostre zone umide, porta foglie ornate da lunghi peli rossi che terminano con gocce lucide simili a rugiada. L’insetto si posa, resta invischiato e la foglia si avvolge lentamente fino a inglobarlo. In uno o due giorni la preda è digerita e assimilata.

Trappole a scatto. La celebre Venere acchiappamosche (Dionaea muscipula), chiamata anche pianta pigliamosche, ha lamine fogliari con margini che ricordano denti di pettine. Alla stimolazione dei peli sensoriali le valve si chiudono in pochi istanti. Prede tipiche sono mosche e ragni, ma possono capitare piccoli anfibi.

Trappole a brocca. Le nepenti (Nepenthes) sono piante tropicali dotate di ascidi, piccoli otri colmi di un liquido zuccherino. Gli insetti, attirati dall’odore e dal nettare, scivolano all’interno e annegano. In natura, nelle brocche più grandi sono stati rinvenuti anche organismi più consistenti, come piccoli vertebrati.

Questi meccanismi sono esempi di convergenza evolutiva: soluzioni diverse arrivate a uno scopo simile in linee evolutive distinte.

Quando è iniziato tutto

Parlare di una singola “origine” della carnivoria sarebbe fuorviante.

L’adattamento è comparso più volte nel corso dell’evoluzione delle piante, in gruppi lontani tra loro, ogni volta come risposta a suoli cronicamente poveri. In altre parole, non c’è un unico momento storico in cui le piante hanno iniziato a mangiare carne, ma molte origini indipendenti, risalenti a ere geologiche antiche. Quello che oggi vediamo nei vari generi è il risultato di milioni di anni di selezione in ambienti estremi.

Gruppo di Sarracenia leucophylla rosse con cappucci reticolati bianco-rosati e ascidi a tromba davanti a rocce

Dove vedere piante carnivore in Italia

La geografia conta. In Italia, le drosee si possono incontrare in zone umide acide e nelle torbiere di montagna, sia alpine sia appenniniche. Sono ambienti delicati, ricchi di specie specialistiche e spesso protetti. La Venere acchiappamosche non è autoctona delle nostre latitudini: in Italia la si osserva soprattutto in coltivazione, in serre o collezioni botaniche. Le nepenti sono tipicamente tropicali; da noi, ancora una volta, si apprezzano in giardini botanici e serre specializzate che ricreano climi caldo-umidi.

Se pianifichi un’escursione, informati sulle aree protette della tua regione e sulle regole di visita dei siti torbosi. Camminare su passerelle e sentieri segnalati protegge sia le piante sia la sicurezza dei visitatori.

Coltivazione di Venere acchiappamosche (Dionaea muscipula) in serra, con numerose trappole rosse aperte

Come funziona la digestione

Dopo la cattura, molte specie secernono enzimi come proteasi e fosfatasi direttamente sulla superficie interna della trappola. Nelle trappole a brocca, il liquido è spesso acido e stabile, talvolta abitato da microrganismi che collaborano alla decomposizione. La lamina fogliare è modificata per assorbire rapidamente i nutrienti liberati, che entrano nel metabolismo della pianta e sostengono la crescita in suoli poveri.

Curiosità e idee da coltivazione responsabile

Le piante carnivore affascinano anche sul davanzale.

Se le coltivi, ricorda che gradiscono acqua povera di sali (spesso si usa acqua piovana o demineralizzata) e substrati acidi e leggeri. Non offrire “bistecche” o cibi umani: le trappole sono evolute per piccole prede. Soprattutto, acquista piante propagate in vivaio e non raccolte in natura. La conservazione parte da scelte etiche del coltivatore.

Le piante carnivore sono la prova che la natura trova strade creative per risolvere problemi pratici. In ambienti poveri di nutrienti, la cattura di insetti è diventata una scorciatoia per ottenere azoto e fosforo. Il risultato, affinato in milioni di anni, sono trappole che tolgono il fiato per eleganza e ingegnosità. Se ti chiedi quando le piante carnivore hanno iniziato a mangiare carne, la risposta migliore è: molto tempo fa e più volte, ogni volta nello stesso teatro ecologico fatto di torbiere, sabbie e rocce bagnate. Ed è proprio in questi ambienti, anche in Italia, che possiamo osservare questa storia evolutiva all’opera.


FAQ

Le piante carnivore mangiano per avere più energia?
No. L’energia deriva dalla fotosintesi. Le prede forniscono soprattutto azoto e altri minerali scarsi nel suolo.

Posso vedere piante carnivore spontanee in Italia?
Sì, in torbiere e zone umide acide di montagna vivono specie di Drosera. Sono habitat fragili e spesso protetti, quindi vanno rispettati.

La Venere acchiappamosche è italiana?
No, non è autoctona. In Italia la trovi principalmente in coltivazione in serre e giardini botanici.


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