Cari volontari: prima di partire per offrire il vostro aiuto in Africa, ponetevi le seguenti quattro domande.

Volontariato in Africa: porgetevi quattro domande prima di partire

Recenti indagini suggeriscono che il “volonturismo” spesso finisce per esser più dannoso che utile: è infatti collegabile a guasti sulle economie locali ed alla mercificazione di bambini indifesi, oltre che al perpetuarsi di stereotipi dannosi sul cosiddetto Terzo Mondo nell’ottica di un nuovo tipo di colonialismo. Personalmente, non sostengo il volonturismo, ma se si è proprio decisi di visitare il continente africano facendovi volontariato, allora sarebbe opportuno porsi queste quattro domande prima di organizzare il viaggio.

1. Si é disposti a far volontariato all’estero senza portarsi dietro una macchina fotografica?

Parafrasando la poesia di Nayyirah Waheed’, “Una questione di appropriazione”, questa domanda porta i viaggiatori a riflettere sulla correttezza delle proprie motivazioni: ci si muove davvero per portare aiuto alle persone o piuttosto per mettersi in bella mostra pubblicando le proprie foto su facebook? Si desidera mettere le proprie capacità al servizio di una comunità o piuttosto rimpolpare il proprio curriculum?
Il complesso del salvatore è in genere un segnale che rivela il “volonturista”, convinto di poter salvare, da solo e senza particolari capacità, un’intera comunità alla quale non appartiene. È una percezione subdola di sè, in quanto lusinga con la prospettiva di essere eroi in una comunità impotente.

Per saperne di più, questa parodia sintetizza umoristicamente il problema dei volontari all’estero.

Volontariato in Africa: porgetevi quattro domande prima di partire

2. Si è certi che le agenzie condividano i nostri stessi obiettivi e valori?

Una volta accertata l’onestà delle proprie intenzioni, resta da assicurarsi che l’organizzazione per cui si lavora sia altrettanto corretta. Il “volonturismo” rappresenta un settore di profitto in crescita e ciò significa che le organizzazioni possono speculare sulla povertà e sulle difficoltà altrui.
Molte ONG operano sinceramente per il benessere delle comunitá, ma questo non vale per tutte, come succede ad esempio nel caso dei falsi orfanotrofi.
Chi intende fare qualcosa di buono per il mondo, cercherá di contribuire ad un’organizzazione di volontariato che abbia i medesimi principi etici e non deve sentirsi in imbarazzo nell’esaminarla a fondo, prima di donarle i propri soldi, verificando:

• quanti soldi restano all’agenzia, al netto dei costi per il viaggio e di quanto viene donato alla comunitá ospitante? La compagnia non é trasparente su questo argomento? Perché?

• L’attivitá viene promossa ricorrendo a stereotipi?

• Le iniziative promosse nascono dalla comunitá locale o vengono decise da stranieri che ritengono di sapere cosa sia meglio per esse?

• Se si lavora con i bambini, l’agenzia si accerta che il volontario non nasconda episodi o tendenze agli abusi? In caso contrario, si puó davvero pensare che abbia a cuore i bambini che dice di voler aiutare?

Se la compagnia si fonda su basi etiche, in genere non avrá difficoltá a rispondere a simili domande.

3. Si è certi di risultare più utili che dannosi?africa volontariato - volonturismo

Occorre valutare con cura gli effetti che la propria iniziativa produrrá sui destinatari. Le ricerche avvertono, ad esempio, che i bambini disadattati, soprattutto se orfani, hanno bisogno di relazioni stabili e durature; i volontari che si tratterranno al piú qualche mese sono quindi poco adatti e destinati a lasciare dietro di se’ un senso di abbandono che avrá effetti psicologici anche a lungo termine. Chi vuole davvero essere di aiuto dovrá quindi approfondire le conseguenze della propria attivitá, prima di dedicarvisi.

4. Ci si sente pronti per svolgere la stessa attività nel proprio paese?

É importante che le iniziative siano commisurate alle proprie capacitá, oltre che ai desideri. Molti “volonturisti” vorrebbero, ad esempio, dedicarsi alla costruzione di case, scuole od altri edifici comunitari. Purtroppo, la maggior parte di costoro non ha la minima capacitá od esperienza nel settore delle costruzioni; di conseguenza, finiscono spesso per realizzare strutture poco solide e potenzialmente pericolose per i locali.

In merito alle proprie esperienze come “volonturista”, Pippa Biddle scrive: “uno dei nostri compiti presso l’orfanotrofio prevedeva la costruzione di una biblioteca. Venne fuori che il nostro gruppo di studenti, educati in scuole private di alto livello, era composto da persone talmente incapaci nei piú semplici lavori edili che gli uomini erano costretti, nottetempo, ad abbattere i nostri instabili muri di mattoni maldisposti ed a ricostruirli in modo tale che, al nostro risveglio il mattino successivo, non ci accorgessimo del nostro fallimento.”

L’attivitá di volontariato dovrebbe essere scelta in funzione delle proprie capacitá e qualifiche, offrendo alle organizzazioni locali ció che si sa fare piuttosto che ció che si amerebbe fare. Se si possiedono competenze informatiche, ci si offra di sviluppare il sito web per la ONG; un contabile qualificato potrebbe invece svolgere compiti amministrativi a supporto dell’attivitá. Infine, si puó sempre donare del denaro con il quale assumere lavoratori locali capaci di svolgere quelle mansioni per le quali non si hanno le necessarie competenze. In questo modo ci si assicura che il lavoro venga svolto correttamente e si contribuisce allo sviluppo locale.

Quindi non si pensi di andare a svolgere in casa d’altri quelle attivitá che non ci si fiderebbe a fare nel proprio paese.
……..
Source:
https://matadornetwork.com/life/dear-volunteers-africa-please-dont-come-help-youve-asked-four-questions/

Tradotto da Roberto Degano

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