Alla scoperta della Turchia con un viaggio improvvisato
A piedi nel deserto
Una volta raggiunto il nord della Turchia ci rendiamo subito conto di quanto sia difficile fare l’autostop qui, almeno rispetto ai territori meridionali, dove non fai in tempo ad alzare il pollice che ci sono già almeno 3 camion che rallentano ed un auto che ti fa i fari! Dunque siamo costretti a camminare. Camminiamo, camminiamo, camminiamo, ma nessuno sembra minimamente intenzionato a fermarsi. Poco male, ci diciamo, la meta non è poi così lontana: nella peggiore delle ipotesi ci arriveremo a piedi. Dopo qualche ora di cammino, quando ormai siamo determinati a raggiungere Göreme a piedi e mancano pochi chilometri, un’auto minuscola si ferma. Non ha bagagliaio per caricare gli zaini, ma saliamo lo stesso e in qualche modo facciamo combaciare -come il miglior incastro di tetris – teste, zaini, gambe, braccia e ci stringiamo in quel veicolo dell’anteguerra. Facciamo solo pochi chilometri in quella scomoda, scomodissima situazione, quando intravediamo quello che ci sembra un monolite.
Stop contemplativo
– Pardon, Dur! – esclama il mio amico seduto nel sedile anteriore, spaventando l’autista. Nonostante ciò capisce che cosa ha catturato il nostro interesse, fa una pazza inversione di marcia e ci porta in uno spiazzo fuori dalle strade principali; ci invita a scendere, a scattare qualche fotografia. Sciogliamo, non senza fatica, l’incastro perfetto con cui siamo entrati nell’auto e con le gambe tremanti rotoliamo fuori: la vista che ci si para davanti mi fa lacrimare gli occhi per l’emozione. Qualche secondo dopo, l’autista ci mette fretta, ci invita a rientrare per portarci a Goreme. Come può capire lui – che ci è abituato – quello che stiamo provando noi ora? Io ho bisogno di contemplare tutta quella maestosità che mi si para davanti, ho bisogno di tempo per assaporarla, per assimilare un’immagine così imponente, che mi incute timore. Gli diciamo che può andare, che continueremo a piedi. Ci guarda dubbioso, in effetti siamo in una piazzola in mezzo al nulla. Ribadiamo che può andare.
Dalla nostra piazzola vediamo che una stradina scoscesa scende e si avventura in mezzo alla vallata e in mezzo a una distesa infinita di monoliti, conducendo ai primi camini delle fate. Sì, proseguiremo a piedi, abbiamo delle buone scarpe! Tra una discesa, una salita e qualche ruzzolone ci mettiamo ad esplorare, a scoprire, ci sembra d’essere bambini in un parco giochi: ci infiliamo nelle caverne, ci perdiamo di vista, risbuchiamo fuori da un lato inaspettato. Ci siamo solo noi.
Turisti
Dopo un paio d’ore di cammino incontriamo i primi turisti coreani –credo che in questa zona della Turchia, molto turistica, ci siano più coreani che turchi- e chiediamo loro se siamo sulla strada giusta per la Red Valley. Ormai non ci importa più di vedere Goreme: Goreme era solo un punto di riferimento, una scusa per poi tuffarci in quest’immensità. Dunque, i coreani ci dicono di sì, ma ci dicono anche di fare attenzione, perché il tempo sarebbe cambiato. Il cielo splende d’un azzurro incredibile, loro hanno l’aria dei tipici turisti e noi non gli diamo troppa corda. Saliamo, scendiamo, ci arrampichiamo, senza una guida, né una mappa, seguendo i rari segnali che indicano Red Valley. Lungo la strada si aggiungono a noi due americane, una ragazza sulla ventina studentessa Erasmus in Spagna e la madre con cui ha intrapreso il viaggio. Sembrano spaesate e decidono di seguirci fidandosi ciecamente, nonostante il fatto che anche noi ci stiamo affidando al destino.
La Valle Rossa
Buon compleanno viaggiatore
Arriviamo nuovamente al punto ristoro e davanti assistiamo ad uno spettacolo grazioso: attorno al tavolino di legno ci sono i nostri due amici, le americane, altri viaggiatori fermatisi per l’occasione e il signore turco del chioschetto di bibite e frutta lì accanto. Sul tavolo c’è un pompelmo con una sigaretta accesa incastrata al centro, a mo’ di candelina, poi i pacchetti aperti di biscotti che avrebbero dovuto essere le nostre provviste, e due birre pagate estremamente care (prezzo turista) che ci divideremo in metà di mille. Le americane e i turisti inglesi iniziano a cantargli Happy Birthday. Lui, che non è proprio un fan di queste cose, arrossisce ma accetta di spegnere la “candelina”.
La Valle Rosa
Dopo questo surreale banchetto proseguiamo alla volta della Rose Valley.
Lungo il cammino incontriamo una piccola chiesa all’interno di una caverna, a cui si accede tramite una scala di legno a pioli. Altro stupore, altra meraviglia. Inizia a soffiare un forte vento, ma proseguiamo. Vogliamo arrivare sul tetto del mondo per guardar giù e vedere la valle che abbiamo attraversato estendersi davanti a noi.
Continuiamo il cammino, a tratti ci dobbiamo arrampicare, probabilmente ci sarà un sentiero facile, più battuto, ma noi abbiamo scelto quello più arduo. Le due americane, in visibile difficoltà, sempre con noi. E’ quando arriviamo in cima che mi trovo con gli occhi sgranati: lo spettacolo che abbiamo davanti è impareggiabile e ci rendiamo conto di quanta strada abbiamo fatto.
In lontananza si intravede quella che decidiamo essere Göreme.
Turchia in autostop – foto di Valentina L.
Maltempo
Le due donne americane non si prendono nemmeno 5 minuti per godersi quel panorama dopo tanta fatica: ci salutano velocemente e decidono di scendere. Il tempo sembra cambiare, ci ricordiamo dei turisti coreani. Nemmeno il tempo di decidere quale sia il prossimo passo che inizia una vera e propria tempesta: piove fortissimo, il vento ci impedisce quasi di camminare, siamo troppo lontani da qualsiasi caverna per ripararci e dal punto impervio in cui ci troviamo sarebbe troppo pericoloso cercare di muoverci. Non chiedetemi come, ma nel bel mezzo della tempesta montiamo la nostra minuscola tenda, lanciamo gli zaini dentro e ci sediamo all’interno per cercare di ripararci e soprattutto di non far volare via il tendaggio.
Decidiamo che, non appena la tempesta si sarà placata un poco, ci sposteremo in un punto più riparato. Nel bel mezzo di quella situazione degna di un film di Fantozzi, io decido di uscire dal riparo per scattare qualche fotografia, avvolta in un k-way grande tre volte me e fuori dalla tenda.
Il viaggiatore solitario
Bagnato fradicio alla mercé delle intemperie, trovo un giovane brasiliano che contempla l’orizzonte. E’ di spalle, non mi ha vista, ma avrà sicuramente visto la tenda arrivando. Non c’è il tempo di consultarmi con gli altri, gli chiedo in inglese, stupidamente, cosa ci faccia lì. E’ stato sorpreso dalla tempesta come noi, ovviamente, ed è arrivato fin qui perché ha visto la tenda. Lo invito ad entrare a ripararsi. Ed ora nella piccola tenda biposto siamo in cinque, bagnati fradici. Il ragazzo, viaggiatore solitario, ci offre dei cereali che ha con sé e quando decide di rituffarsi nella pioggia per tornare a valle io, per sdebitarmi, gli offro un pacchetto di biscotti per affrontare il resto della camminata.
I miei amici ancora oggi mi prendono in giro per quel gesto che per noi si rivelò tragico: quello era il nostro unico pacchetto di biscotti, gli altri erano stati mangiati allegramente dai turisti che avevano banchettato con noi al punto ristoro e che sicuramente quella notte avrebbero dormito in un albergo a Goreme e mangiato ogni sorta di prelibatezze.
Smette di piovere, la pioggia ha ripulito tutto ed ora la Rose Valley ci si presenta davanti come dovrebbe essere: rosa.
Fine di un’altra giornata, ma non dell’avventura
Ci svegliamo presto la mattina seguente, abbiamo puntato le sveglie prestissimo con la speranza che il punto strategico in cui abbiamo dormito ci garantisca una visione privilegiata del volo delle mongolfiere che ha reso famosa la vallata in tutto il mondo.
Credo che non ci siano parole per descrivere quello che i miei occhi hanno visto quella mattina, aprendo la cerniera della tenda, ma forse le immagini parleranno per me:
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A presto con il prossimo aggiornamento!
Per leggere la prima parte di questo racconto clicca qui.
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