Come può un reddito minimo universale cambiare il nostro modo di concepire il lavoro (e il denaro)

Reddito minimo universale
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Cosa fareste nel caso in cui vi entrassero 1.000 euro al mese, esentasse? Lascereste il vostro lavoro? Paghereste tutti i debiti? Risparmiereste abbastanza soldi da andare in giro per il mondo?

L’aumento dell’automazione, le crescenti diseguaglianze e la potenziale perdita del 40% dei posti di lavoro entro il 2030 sta rendendo l’idea di un reddito minimo universale (Universal Basic Income) più che una irrealizzabile utopia. Dietro le politiche fiscali e i dibattiti economici, il punto centrale di questo argomento, comunque, riguarda cosa dovrebbe rappresentare il lavoro e, in ultima istanza, la nostra relazione con il denaro.

Il dibattito sul tema del reddito minimo universale impone di chiedersi cosa pensiamo realmente su cosa un individuo dovrebbe fare per meritare uno standard di vita minimo, cosa intendiamo per lavoro  rispettabile e cosa intende la società per ‘attività economica’.

Reddito minimo universale

Mentre alcune nazioni stanno già avviando delle sperimentazioni, altre non vogliono attendere che i propri governi inizino ad occuparsene e stanno creando delle soluzioni alternative, da sperimentare con e per la gente.

Mein Grundeinkommen è una organizzazione non governativa che promuove campagne di auto-finanziamento (crowdfounding) e mobilitazioni per un reddito minimo universale di 1.000 euro al mese. Ha anche sostenuto l’avvio di altre iniziative simili in tutta Europa. Steven Strehl e uno sviluppatore web e un promotore di campagne digitali presso la ONG tedesca. Ci ha descritto la sua esperienza e come il reddito minimo universale potrebbe cambiare il nostro modo di concepire il nostro lavoro.

L’intervista è stata condotta da Camille Chapuis via Ouishare

In confronto ad altre iniziative sul reddito minimo universale, come quella organizzata dal Governo finlandese, il vostro progetto è completamente finanziato dal crowdfunding ed è un progetto partito dal basso. Visto il vostro grande successo ad oggi, pensate che altri governi apriranno a questa idea? Rientra nei vostri obiettivi influenzare, dopo un certo tempo, le politiche governative?

Steven Strehl: “Il nostro scopo è di diffondere il tema del reddito minimo universale e analizzare le reazioni per capire se è ciò che realmente vuole la gente. Noi non diciamo che il reddito minimo universale sia lo scopo finale, non ne siamo sicuri neanche noi – come potremmo? -, ma pensiamo che, al momento attuale, esso sia una delle più potenti visioni sul futuro della società. E’ una delle poche, se non l’unica, che si affianca a quella dell’automazione spinta. Essa interroga il potere e, contemporaneamente, legittima la gente ad intraprendere tra di loro importanti discussioni circa il lavoro.

Il risultato più evidente del reddito minimo universale è per me -dopo essere andato ad eventi pubblici per parlarne- quando la gente viene da me e mi dice “Sai, prima di venire io ero assolutamente contro, ma ti ho incontrato, e mi hai fatto delle domande sensate e ciò mi ha reso partecipe e voglio che mi si facciano domande come queste senza essere costretto ad acconsentire, quindi adesso voglio che ci si provi!”. E’ questo è il punto! Non è importante discutere all’infinito circa il reddito minimo universale, nessuno può sapere se funzionerà o se condurrà alla soluzione che ci si è immaginati, ma vogliamo che si dia un’opportunità a questa idea.”

Cosa ti ha portato ad impegnarti a tempo pieno per la realizzazione dell’esperimento di un reddito minimo universale?

SS: Questa è la domanda che ci poniamo alla Main Grundeinkommen quasi ogni volta che coinvolgiamo nuovi colleghi. Ho capito molto presto che il reddito minimo universale era un progetto che mi stava particolarmente a cuore.

Io provengo da una famiglia di operai della Germania dell’Est e dopo la caduta del muro di Berlino, non c’era più lavoro per gli operai qualificati dell’industria tessile.

Il Governo tedesco ha lottato a lungo per riqualificare tutte queste persone e reinserirle nel mondo del lavoro. Mia madre era una operaia tessile e la sua qualifica non valeva più niente da un giorno all’altro. Fu dura crescere me e mia sorella. Dato che il denaro era sempre un problema e non ce n’era mai abbastanza, appena ho potuto ho iniziato a lavorare. Il denaro per me significava essere indipendente, essere libero di fare ciò che sognavo, indipendentemente da quello che mia madre poteva permettersi.

Comunque, presto ho capito che lavoro significava alla fine poter fare ciò che realmente volevo. Durante le scuole, non ho pensato molto a questo, ma ad un certo punto, ho dovuto fare un prestito per finanziare i miei studi quando lasciai Berlino da solo per vivere a Parigi all’età di 17 anni perché volevo imparare il francese. Ciò significò pagare una stanza, cibo e il materiale scolastico da solo.

“Il reddito minimo universale significa molte cose, riguarda il potere e la libertà, la possibilità di decidere per se stessi, riguarda la famiglia, le relazioni personali ed è ancora più di questo.”

All’età di 18 anni, avevo il mio primo prestito da restituire. Ma il denaro mi aveva dato una certa libertà di prendere delle decisioni. Nel corso dei miei studi a Scienze Sociali e Linguistiche, ho scoperto che programmare era intrigante e trovai attraente l’idea di guadagnare di più lavorando nel settore tecnologico. Ciò rendeva più facile e rapido il riscatto dei miei debiti e l’emergere dall’appartenenza alla classe sociale operaia.

Nel corso degli studi del mio secondo anno di Scienze Informatiche, fui incoraggiato a chiedere una borsa di studio. Per ottenere l’assegnazione, dovevo parlare di una persona che mi aveva ispirato. Io scelsi  Götz Werner, il fondatore di una catena di supermercati tedeschi e uno dei massimi sostenitori del reddito minimo universale. Nel leggere di lui e delle sue idee trovai informazioni illuminanti circa il reddito minimo e la gerarchia dinamica. Conclusi la mia trattazione ed ottenni la borsa di studio che ha significato, per la prima volta nella mia vita, avere denaro senza contrarre debiti o lavorare. Ciò fu la conseguenza di un istituto il cui presupposto era che, se mi fossi concentrato su ciò che realmente volevo fare, senza pesi finanziari, avrei raggiunto qualcosa di positivo per me e per la mia società.

Comunque, la sola trattazione a livello accademico del reddito minimo non mi soddisfaceva poiché ciò non l’avrebbe reso possibile. Ci sono così tanti modelli scientifici che spiegano che può funzionare e come implementarlo, altri dicono che non può funzionare perché non è finanziariamente o socialmente possibile. Ciò è molto lontano dalla realtà, non c’era nessuna organizzazione per realizzarlo concretamente. Così, durante un seminario, ho proposto ad altri borsisti di mettere insieme le nostre risorse di un mese, finanziare un reddito minimo e offrirlo a qualcuno, senza condizioni, al fine di fornire ad una persona al di fuori del mondo accademico i mezzi per raggiungere un suo scopo. Ho contattato la  Mein Grundeinkommen, poiché stavano sostenendo il reddito minimo in quel periodo, gli ho sottoposto l’idea e gli è piaciuta. Fortunatamente, si è creato un posto libero relativo alla figura di sviluppatore software e sono entrato nel loro gruppo due anni fa.

Per me la parte più importante del reddito minimo non è pienamente sviluppata nelle nostre società. No so dire se ciò avverrà e che forma prenderà. Al momento attuale, sono affascinato dall’enorme quantità di domande che abbiamo iniziato a fare a noi stessi e alla società. E il tema delle richieste sbocca in come rendere il passaggio all’automazione socialmente auspicabile.

Il reddito minimo universale significa molte cose, riguarda il potere e la libertà, la possibilità di decidere per se stessi, riguarda la famiglia, le relazioni personali ed è ancora più di questo. E’ per questo che è diventato per me un lavoro a tempo pieno.Reddito minimo universale

Voi avete già distribuito 132 redditi minimi in Germania. Quali sono le scoperte più interessanti che avete fatto? Cosa hanno fatto di sorprendente le persone con quei 1.000 euro ?

SS: È davvero difficile scegliere solo una delle storie perché i vincitori erano persone con un retroterra variegato. È questo che rende l’esperimento realmente sorprendente. Però posso fare un esempio, quello più inatteso e che riguarda una business coach freelance. Dal giorno in cui ha ricevuto il denaro, ha deciso di fare qualcosa di diverso per le sue clienti, invece di chiedere un compenso fisso orario, ha dato loro la libertà di decidere quanto pensavano valesse il suo lavoro. La parte più intrigante è stata che le sue clienti hanno avuto grosse difficoltà ad utilizzare questo nuovo sistema e alla fine le hanno chiesto di interrompere l’esperimento e chiedere direttamente quanto voleva essere pagata. Queste clienti hanno constatato che l’indeterminatezza del prezzo che pagavano le impediva di focalizzarsi sul lavoro svolto.  Io trovo affascinante che la gente abbia così tante difficoltà nel rispondere su quanto effettivamente valga il lavoro di qualcuno all’interno della loro azienda. La paura iniziale era piuttosto di rischiare di pagarla troppo poco.

A parte questo, le nostre scoperte sono state molto promettenti e motivanti. Pochi dei vincitori hanno lasciato il loro lavoro. Se ciò è successo, è stato per qualificarsi professionalmente e trovare un lavoro più adatto alle loro competenze e aspirazioni professionali. Grazie al reddito minimo, hanno avuto la possibilità di prendersi del tempo senza la fretta di saltare da un lavoro ad un altro con la paura di non avere opportunità migliori in caso di rifiuto dell’offerta precedente. In generale, i vincitori hanno riferito di condizioni di salute migliorate, di migliori relazioni sociali e di un generale senso di sollievo.

“Noi non diciamo che il reddito minimo universale sia il fine ultimo, non ne siamo sicuri neanche noi – come potremmo? – ma pensiamo che sia una delle visioni più positive sul futuro della società.”

Uno dei vostri progetti sperimentali è di offrire stage pagati senza obbligo di lavoro. Come hanno reagito i vostri stagisti? La loro idea circa il lavoro ed il denaro è cambiata?

SS: I nostri stage non vincolanti sono un esperimento sul reddito minimo molto recente. I nostri stagisti guadagnano 1.000 euro e non hanno l’obbligo di fare niente. Il risultato? Sono i più impegnati nell’organizzazione! Hanno una gerarchia dinamica e sono liberi di muoversi e lavorare in qualsivoglia area preferiscano, di modo che sono diventati molto più forti di noi in molte situazioni e in senso positivo. Domandano, riflettono su come lavoriamo e appena trovano qualcosa che li entusiasma, vi si impegnano a capofitto. E’ così che i nostri colleghi più creativi si sono uniti al team. Bisogna definire una struttura organizzativa per le persone in modo tale che possano essere produttivi o sono le persone a poter scegliere liberamente? La domanda non è semplicemente sì o no. Appena la gente non riceve più istruzioni su come fare una determinata cosa, ovviamente, è più complicato perché deve crearsi uno schema da sè, ma ciò significa anche incominciare a doversi interrogare sulle cose.

Abbiamo avuto anche rari casi di stagisti che hanno smesso di venire in ufficio e che ci hanno detto: “Mi dispiace, non ci state fornendo l’ambiente di lavoro che cerchiamo”. Ne abbiamo parlato perché, sicuramente, volevamo che tutti i membri del team fossero presenti, poiché questa libertà ci aiuta a capire quando abbiamo la necessità di migliorare in una specifica area. Qualcosa che dovevamo cambiare, per esempio, sono le dinamiche di inclusione all’interno del team. Abbiamo lavorato duramente su come farli sentire motivati e  con lo stesso livello di coinvolgimento nelle decisioni quotidiane, indipendentemente dal loro titolo o salario. E’ stato un vero scambio culturale tale che ognuno sentiva di poter imparare da tutti. Alla fine, si tratta sempre di fiducia, comunicazione, auto e co-gestione.

Ci sono molte diatribe circa l’universalità del reddito minimo. Non tutti sono d’accordo riguardo il diritto di tutti al “denaro gratuito”. Perché pensate che  l’universalità sia il migliore approccio invece che concentrarsi sui meno avvantaggiati?

SS: Prima di tutto, questo etichettare un individuo come ‘povero’, qualsiasi cosa ciò significhi, renderebbe il reddito minimo un marchio di scarsa disponibilità economica, garantendo una discriminazione. Secondariamente, ci sarebbe bisogno di un governo che definisse i parametri della povertà. Il problema è che il senso di povertà può essere una percezione molto soggettiva, che dipende da più elementi che non il reddito netto personale. Per di più, l’idea di non ricorrere ad una pubblica amministrazione per redistribuire il denaro, ma giusto dare 1.000 euro a ciascuno cittadino, è il sistema più efficiente ed economico in assoluto.

I due più grandi miti circa il reddito minimo universale è che esso è troppo costoso e spingerebbe la gente fuori dal mercato del lavoro. Anche se c’è un ampia casistica a dimostrazione che ciò non accadrebbe, penso che non dovremmo basarci solo su dati econometrici ma sulla qualità della vita delle persone. Come pensa che sia possibile modificare tale paradigma? Invertire il dibattito?

SS: Io penso che c’è una domanda nella società di un reddito minimo, di un sistema di sicurezza individuale o di altri tipi di garanzie di una vita dignitosa, il paradigma di base verrà sovvertito, indipendentemente da ciò che gli attuali modelli economici riportano. Vi è carenza di idee dei politici e degli economisti riguardo la società post-capitalistica a cui ci stiamo avvicinando velocemente. Siamo nel mezzo di una transizione e non ci sono risposte a problemi di base quali stipendi molto bassi, povertà e ineguaglianze crescenti.

Reddito minimo universaleMein Grundeinkommen non predende di avere tutte le risposte, ma pensiamo che quando le persone sono informate non sono preoccupate, si sentono parte della transizione. Ciò può creare un terreno positivo per i politici per raccogliere le idee e renderle realizzabili. Il reddito minimo universale non  accadrà da un giorno all’altro, Un sacco di cose devono cambiare nel frattempo, da come innovare a cosa significa un lavoro dignitoso. E, cosa più importante di tutte, abbiamo bisogno di separare le nostre identità personali dai nostri ruoli lavorativi. Dobbiamo sentire la necessità di diventare liberi e di fare le nostre scelte al di là delle preoccupazioni economiche.

“Quante persone sono impegnate in carriere lavorative che non amano solo perché forniscono una certa stabilità economica? E perché ci sono così pochi incentivi per lavori che aiuterebbero a tenere unita la nostra società e a rendere la vita degna di essere vissuta?”

Dobbiamo capire che la società sta perdendo molto investendo negli incentivi sbagliati. Quanti professori, filosofi, linguisti e assistenti sociali abbiamo perso in nome dell’arricchimento, della sopravvivenza? Io sono stato baciato dalla fortuna tempo fa, ma non voglio che questo diventi la normalità nella nostra società – devi essere fortunato per meritare un po’ di dignità. Questo è il paradigma che deve essere sovvertito e potrebbe volerci del tempo, ma prenderà l’avvio dall’enorme domanda di una vita migliore posta dalla gente. Qualunque cosa ciò significhi per ognuno.Reddito minimo universale


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