
Vivere in comunità in una masseria della Puglia
“Ah, sì la comune anarchica, la comune agricola… Aspetta non mi ricordo bene, che sono, primitivisti, luddisti, insurrezionalisti, vegani? Fanno sesso libero o ci’ hanno le famiglie? Dice che lavorano tantissimo. Mah, non lo so, a me questa cosa di andarsi a chiudere nell’isola felice se devo dire la verità non mi convince proprio…”
Di Urupia ho sentito parlare spesso. Bene, male, con ammirazione o con cattiveria, maliziosamente o affettuosamente. Nella mia testa erano sorti tutti i dubbi del caso, anche quelli che fanno sfociare idee affrettate e pregiudizi. Non importa quanto male o bene possano parlarmene, questa è la mia missione, prendo il taccuino e segno nome, indirizzo, numero e località e vado a fargli visita. Qualsiasi tentativo di vivere fuori dagli schemi, per quanto possa sembrare impraticabile a prima vista, merita tutte le attenzioni. Soprattutto quelle di un giovane aspirante a una vita migliore. Resta sempre il fatto che, se un posto non mi piace, sono libero di andarmene. C’è da rischiare un po’, certo, ma amo provare il brivido di non sapere sotto quale tetto (o stalla) sarò prossimo a dormire, quale paesaggio farà da sfondo alle mie giornate, quali voci e volti umani renderanno più lieve o triste questa fatica che rappresenta la vita di campagna, ma anche la vita da nomade.

Davide e io raggiungiamo Urupia di domenica. C’è molto movimento, via vai di gente, soprattutto donne e bambini. Scopriamo che il preside di una scuola pubblica di Treviso, Francesco Codello, avrebbe tenuto a breve un incontro sulla “scuola libertaria”. A Urupia ce n’è una, di scuola libertaria, ma è nata da poco. La Comune, invece, ha 20 anni di vita.

Andrea di Urupia, ospite di lunga data, è il primo con cui entriamo in confidenza. Ci porta sul tetto della masseria e lì comincia a narrarci la storia… Un giorno ormai lontano, di quelli che furono i primi anni ’90, due giovani anarchici (Agostino e Gianfranco) e un gruppo di socialisti tedeschi (nomi troppo difficili da ricordare) si incontrano e sentono di avere finalmente trovato i compagni giusti per cominciare il progetto, piuttosto ambizioso, di costruire una “Urupia”. L’approccio testardo, il temperamento caldo e sognante dei primi, uniti alla pragmaticità e concretezza dei secondi, hanno reso possibile la realizzazione di questo sogno; Urupia è cresciuta negli anni, non senza incontrare difficoltà e ostacoli, primo fra tutti quello economico. Nessuno aveva abbastanza soldi né per l’acquisto di un terreno, né per comprare una grande masseria, capace di accogliere un vasto numero di persone e di produrre abbastanza da permettere alla Comune di sopravvivere.

Le ricerche cominciano, con le mappe militari in mano, i giovani anarchici setacciano l’intera Puglia finché non trovano quello che cercano nel territorio di San Marzano a Francavilla Fontana. Siamo ai confini del Salento, terra di vini, di ulivi, di canti, di tradizioni culinarie e tarantelle. Il racconto di Andrea è pieno di aneddoti divertenti, ironici, entusiasmanti, a volte nostalgici, sulla vita di comunità, sui cambiamenti che si sono susseguiti, sulle storie degli individui e delle famiglie che hanno fatto visita, sono partite, poi ritornate o mai più riviste. Da allora, dei fondatori originari, sono rimasti solo Agostino e Gianfranco, che nel frattempo hanno avuto figli, messo su famiglia e allargato la comunità. Altre famiglie e individui si sono insediati con successo da ormai più di dieci anni.

Si tratta di un alloggio della masseria dove risiedono le famiglie permanenti.
Andrea, che ci racconta questa storia, ha solo un biasimo: una volta in questa comunità si con-viveva, dice, ora si co-abita. C’è meno affinità forse, meno comunità; qualcosa è venuto a mancare col tempo, ma si può ancora fare molto per migliorare e cambiare. Nuove anime arriveranno, vecchie anime lasceranno il posto, la comunità cambierà pelle.

In cucina c’è un tabellone con i giorni della settimana e i lavori da svolgere, proposti dall’Assemblea in cui ospiti e comunarde* possono partecipare.

C’è il taglio legno, l’aiuto nell’orto, i turni in cucina, la pulizia nella vigna ecc. Ognuno è libero di segnare il proprio nome dove vuole e di lavorare il numero di ore che vuole.



“Non esiste, all’interno della Comune, proprietà privata di case, terreni, denaro o mezzi di produzione ed è abolita ogni forma di lavoro salariato o sottoposto…”.“Considerati i rapporti affettivi, politici, sociali, ed economici, che tutte le persone che aderiscono al progetto mantengono con il territorio della penisola salentina, è decisione unanime che la Comune sorga in questa zona…”
“Ogni decisione riguardante la vita della comune nel suo insieme è presa dalle sue componenti secondo il criterio dell’unanimità. Non valgono, dunque, all’interno della Comune, i criteri della maggioranza e della minoranza”.
“E’davvero possibile essere liberi al 100%?”. Ovviamente no, ma questa non è la domanda giusta da porsi. Cosa si può fare per essere più liberi possibile, quali condizioni si devono creare per consentire all’individuo di sviluppare al meglio le proprie capacità, di mettere a frutto i propri pregi, di trovare tempo per coltivare sogni e passioni: questi, per me, sono gli interrogativi giusti, gli stessi che Urupia si è posta e che la spingono, da oltre 20 anni, a comportarsi come un vero e proprio laboratorio sociale.

“Sei di Urupia? Ma quanti anni ti mancano ancora da fare?”

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