Questo racconto introspettivo è il seguito di una serie di puntate curate da Alessia B. e dedicate al cammino di Santiago de Compostela. Se non avete letto le prime pagine vi consigliamo di cominciare dalla prima “puntata”: Il mio cammino di Santiago, un viaggio nello straordinario.
Arrivo a Castaneda
Sono arrivata a Castaneda presto, questa sera. E’ stata un’ottima giornata ed il sole splende su queste colline. E’ Aprile. Spoglio la felpa e punto la faccia verso il calore, insieme alla mia nuova compagna di stanza ed i suoi capelli rossi.
Parliamo poco, mi sento in debito.
Ha 19 anni, di cui uno passato in Australia e 3 mesi su questo cammino, tutta sola.
E’ simpatica ed ha quel tipo di inglese che solo i britannici hanno.
Mangiamo costine di maiale mentre davanti ci sfila una mandria di mucche al pascolo.
Sensazioni di viaggio
E’ tutto bellissimo, oggi.
Sono partita rigenerata, dopo l’ultimo vacillo di ieri sera. Mi muovo subito tra la nebbia dei campi, che si dirada in poco tempo. L’aria è umida come il sottile pavimento di sassi ed erba che mi permettono di guadare qualche fiumiciattolo.
Empatia
Sto andando verso Melide, dove assaggerò il prodigioso polpo. Mi immagino la leccornia di un meritato pranzo dopo la fatica quando mi imbatto in due donne di mezza età tedesche. Non è necessario parlare molte lingue per capire la tristezza di un gesto universale: il pianto. Toccandosi una gamba e zoppicando, una delle due sembra non farcela più. Le guardo, tento di aiutare ma non conosco la loro lingua, e loro non parlano inglese.
L’empatia è il linguaggio di tutti. Sul mio viso deve esserci stata una luce diversa, che le ha fatto capire il mio dispiacere e la mia voglia di aiutare. Vengo ringraziata con una carezza su quell’emozione trasparente che devo aver avuto dipinta in faccia, e un gesto che mi segnala di andare avanti e proseguire per il mio cammino.
Il polpo e la cotoletta Alessia
E’ ora di pranzo, mi fermo in una locanda carina ed ordino il polpo. La proprietaria mi informa che ama conoscere le ricette dei paesi di provenienza dei pellegrini.
Armata di un taccuino, le scrivo come si cucina una cotoletta alla milanese, lei mi sorride e mi promette che la inserirà nel menu chiamandola Cotoletta Alessia. Stampo un sorriso che ho ancora adesso mentre lo ricordo, mi sembra di affogare nella curcuma del polpo.
Sorrisi e lacrime
Mentre il mio pasto volge al termine, le tedesche entrano nella bella locanda. Lei è devastata. Riesco a capire che sono sorelle e sono qui perché sono fervide credenti. Stacchiamo il cervello un attimo e a suon di nomi di marche di abbigliamento sorridiamo. Ci capiamo così: a sorrisi, lacrime e nomi di borsette. All’improvviso un miraggio. Uno spagnolo con moglie entra velocemente nella locanda, si siede vicino a noi ed in un modo che ancora oggi non riesco a capire la tedesca spiega il dolore che prova.
Lo spagnolo l’ha avvistata e poi persa, e l’ha rincorsa fino qui per curarla. E’ un maestro Reiki, ed io sono grata di aver studiato lo spagnolo 10 anni fa.
I miracoli (?) del Reiki
“Il Reiki è una tecnica orientale di canalizzazione dell’energia”: non mi spiega altro.
Appoggia le mani sul ginocchio malato, tenendo una distanza dal contatto di pochi, pochissimi centimetri. Effettua dei movimenti rapidi e decisi nell’aria per una decina di minuti. Il pianto della tedesca mi smuove da quella cantilena che i miei occhi erano ormai abituati a scandire, crollando in un abbraccio al Madrileno.
Immagino il dolore sia passato. Non so dire se è stato un effetto placebo o la realtà: so che ho letto il viso della donna finalmente disteso dalle pene.
Sono un po’ impaurita, la tecnica mi ha ipnotizzato.
Bacio tutti, dico in quante più lingue conosco “arrivederci” e mi carico addosso lo zaino pieno di pensieri.
Lumaca
Mentre vago nella mia nuvola non mi accorgo di stare andando ad una velocità imbarazzante. Credo di aver fatto 2 km in un’ora.
Vengo superata da un’allegra combriccola molto particolare: sono Malcom, John e James. Malcom,70 anni, mi scuote lo zaino chiamandomi “Snail”. Il simpatico nonnino mi dà della lumaca e mi invita a guardare poco più indietro, dove il suo amico John, 76 anni – ed il nuovo arrivato James, medico 30enne sudafricano – mi stanno salutando. Io e James, 55 anni in 2, siamo più lenti di due ultrasettantenni. Il medico mi guarda la caviglia e mi dice che non sta andando troppo bene. Malcom risponde di smetterla di dire cazzate, che alla sua età ci arriveremo morti. Faccio parte di questo quartetto per almeno 2 ore.
Io e Malcom apriamo la pista, parliamo della vita. E non c’è niente di più meraviglioso di parlare con un qualcuno che ha vissuto quasi il triplo dei tuoi anni.
Poi mi svela il trucco: Malcom e John sono due ex maratoneti.
Li lascio lì, sul totem che segnala 42.5 km da Santiago.
Quante cose incredibili ho udito in una sola giornata!
Leggi il primo episodio di questo racconto:
Il mio cammino di Santiago (parte I Doomsday)
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