Quella volta che, in Svizzera, mi feci ospitare dai terrapiattisti 🇨🇭

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Il viaggio rappresenta una finestra spalancata sul mondo, un mezzo per oltrepassare le barriere ed esplorare le molteplici sfumature dell’umanità. Tuttavia, talvolta, si finisce per incrociare realtà tanto stupefacenti quanto inattese. È proprio questa l’esperienza che ho vissuto personalmente, quando mi sono avventurato in Svizzera, nella pittoresca cittadina di Varen, trovando alloggio presso una famiglia di convinti terrapiattisti.


Varen

Varen è un villaggio nascosto tra le pieghe delle Alpi svizzere, incastonato su uno scenario di montagne vertiginose e prati lussureggianti. Lì, il fiume Rodano scorre placidamente (quando non è in secca) specchiando il cielo e le cime innevate. Avevo scelto di viaggiare in questo luogo remoto non solo per la sua bellezza, ma anche perchè c’era un programma di volontariato in cambio di vitto e alloggio che mi aveva colpito. La proposta era semplice: aiutare gli abitanti del villaggio nelle loro quotidiane attività, condividendo momenti, storie e, in cambio, ricevere un posto dove dormire e pasti caldi.

Non avevo aspettative particolari riguardo alle persone che avrei incontrato. Immaginavo semplici abitanti di montagna, forse un po’ schivi, ma sicuramente genuini. Tuttavia, ciò che ho scoperto ha superato ogni mia immaginazione.

(Per rispetto e tutela della privacy, i veri nomi delle persone che mi hanno ospitato durante il soggiorno a Varen saranno mantenuti privati. La mia priorità è condividere la mia esperienza senza compromettere l’intimità di chi ha generosamente aperto le porte della propria casa).

Una tipica famiglia di Svizzeri

Nella pittoresca Varen, la lingua dominante è il tedesco svizzero, un dialetto che, benché simile al tedesco standard, ha le sue peculiarità e sonorità. La famiglia che aveva gentilmente deciso di ospitarmi era formata da Brigitte, la madre, sempre attenta e sorridente, e da Lukas, il padre, una figura calma e riflessiva. Avevano tre figli, e il maggiore, Matthias, aveva seguito una passione tanto tipica della Svizzera: era diventato orologiaio. Le sue dita agili e precise erano abili nel manipolare le minuscole componenti degli orologi.

Una grande casa

La loro casa era piuttosto grande: tre piani di legno antico e pietra, con una facciata ornata da fiori colorati che pendevano dai balconi. Non era solo una casa, ma anche un Bed and Breakfast, ed era per questo che, al momento del mio arrivo, non ero l’unico “nuovo volto”. Quattro ragazze, provenienti da diverse parti del mondo e tutte volontarie come me, erano già state accolte dalla famiglia.

Si poteva percepire subito un’atmosfera di collaborazione e comunità, dove ognuno condivideva le proprie esperienze e abilità per aiutare la famiglia e godersi al meglio il soggiorno nel tranquillo villaggio di Varen.

Un viaggiatore italiano impacciato

Anche se ero entusiasta di aiutare e imparare, la mia destrezza con i lavori domestici lasciava alquanto a desiderare. Un giorno, mi fu affidato il compito di rifare alcuni letti del Bed and breakfast. Nonostante avessi seguito le istruzioni e cercato di fare del mio meglio, le lenzuola sembravano sempre storte, e le coperte non si adagiavano correttamente sul materasso. Dopo vari tentativi, era evidente che il mio talento non risiedeva nella cura dei dettagli casalinghi.

Tuttavia, Brigitte, pur notando le mie difficoltà e qualche ruga d’insoddisfazione sul volto, non perse la sua cortesia. “Non ti preoccupare, Simone,” mi disse con un sorriso rassicurante, “ognuno ha i suoi talenti, e forse i letti non sono il tuo. Ma ti troveremo qualcosa in cui puoi eccellere.”

Il volonturista da Hong Kong

Pochi giorni dopo la mia piccola avventura con i letti, arrivò al Bed and breakfast Kai, un giovane ragazzo proveniente da Hong Kong. Con i suoi capelli scuri e gli occhi brillanti, era alto e snello, ma la sua vera passione, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da qualcuno cresciuto in una metropoli come Hong Kong, era la montagna.

Aveva letto e studiato ogni tipo di percorso alpino, era familiare con le tecniche di arrampicata e amava immergersi nella natura incontaminata.terrapiattisti

Lukas, notando la mia difficoltà con i compiti domestici e riconoscendo la passione montanara di Kai, decise di affidarci un progetto speciale. Una vecchia casa poco lontano dal loro Bed and breakfast aveva bisogno di una ristrutturazione. Non si trattava solo di pittura e piccoli lavori, ma di un vero e proprio restyling secondo specifiche tradizionali svizzere.

Sotto la guida attenta di Lukas, io e Kai iniziammo a lavorare insieme. Kai, con la sua precisione e attenzione ai dettagli, e io con la mia voglia di imparare e mettermi alla prova in qualcosa di nuovo. La casa, inizialmente in uno stato di semi-abbandono, iniziò pian piano a tornare in vita. Dapprima abbattemmo un muro. Poi, le vecchie travi in legno furono pulite e trattate. Le pareti ricevettero una nuova mano di vernice in toni caldi e tradizionali, e ogni piccola crepa o danno fu attentamente riparato.helpx, workaway, wwoof, volonturismo, voluntouring, volontariato, vitto e alloggio, scambio di ospitalità

Durante quelle giornate di lavoro, io e Kai diventammo buoni amici. Condividemmo storie, risate e qualche piccola sfida che la ristrutturazione ci riservava.

E mentre le mani erano occupate a dare nuova vita alla vecchia casa, le menti erano libere di volare, imparando l’uno dall’altro e scoprendo quanto possono essere preziose le diversità e le passioni condivise.Un cartello per fare l’autostop. Tradotto in tedesco, riporta la scritta: “prossimo villaggio”.

Parli tedesco?

La serata riuniva tutti i volontari nella grande sala del Bed and breakfast. C’è sempre una specie di magia nell’aria quando diverse culture e lingue si incontrano sotto un unico tetto. Poiché non tutti parlavano tedesco la nostra lingua franca era l’inglese. Una sera, mentre ci sedevamo tutti intorno al grande tavolo di legno, Zsófia, una volontaria dall’Ungheria, con occhi curiosi, si rivolse a me. “Simone,” disse con un leggero accento, “parli tedesco?”

Risposi scherzosamente: “Certo, livello Duolingo!”

Il riferimento all’app di apprendimento delle lingue fece scoppiare tutti in una risata.

Molti di noi avevano usato Duolingo o simili piattaforme per cercare di imparare un po’ di tedesco prima di arrivare in Svizzera. La mia battuta, pur nascendo da una sincera autocritica, colpì il giusto tono di umorismo.

Eravamo tutti lì per imparare, ma anche, soprattutto, divertirci.Varen, Svizzera, terrapiattisti

Ad ogni modo, molti dei volontari erano lì per perfezionare il loro tedesco, ma il mio obiettivo era diverso. La mia curiosità era rivolta verso la Svizzera stessa. Desideravo immergermi nella sua cultura, nelle sue tradizioni e  storie. Mentre alcuni si concentravano sulla grammatica e sulla pronuncia, io mi deliziavo ascoltando le leggende locali e le avventure alpine.

 

La terra è piatta! 😱

Durante i miei viaggi volonturistici, ho incontrato molteplici persone, ciascuna con un suo background e con credenze personali. Ma l’esperienza a Varen ebbe un tono decisamente singolare. Che la famiglia ospitante fosse profondamente religiosa era abbastanza evidente, ma ciò che davvero mi lasciò a bocca aperta fu l’inaspettata convinzione di Lukas riguardo alla forma del nostro pianeta.terrapiattisti, terra piatta

Una sera, mentre il crepitio del legno arroventato riempiva la stanza e un caldo tepore ci avvolgeva, Lukas, con un tono tra il riflessivo e il deciso, condivise le sue credenze con alcuni ospiti del bed & breakfast.

Era fermamente convinto che la Terra fosse piatta, sostenendo che eravamo tutti vittime di un inganno perpetrato da oscure organizzazioni che avevano diffuso la “menzogna” di un mondo sferico. Parlava di ciò con un ardore evidente, supportando ogni affermazione con argomenti che, a suo dire, erano inoppugnabili.

Marte? Un’illusione. La NASA? Un’entità malvagia

Mentre ascoltavo, pensai che forse si stesse prendendo gioco di noi o che fosse solo un esercizio retorico. Ma un episodio avvenuto poco dopo mi fece riflettere. Una sera, mentre i volontari e io ci rilassavamo su una collinetta, ammirando la volta celeste, notai l’inconfondibile bagliore rosso di Marte.

“Ah, ecco, c’è Marte, stasera!” commentai, puntando il dito verso l’astro.

L’atmosfera cambiò repentinamente. Risate trattenute riecheggiarono nell’aria, mentre tutti gli occhi si rivolgevano verso Lukas. Lui, invece di sorridere o rispondere, esalò un profondo “bah!” scettico.

Guardandomi direttamente, proseguì: “Marte, dici? È curioso come abbiamo dato per scontate certe “verità” su quel piccolo punto luminoso.”terrapiattisti

La realizzazione che Lukas era effettivamente un terrapiattista mi colse di sorpresa. Decisi di evitare di entrare in un dibattito, nonostante la mia passione per l’astronomia. Ciò che mi sorprese ulteriormente fu la reazione degli altri ospiti e volontari, che sembravano accettare senza obiezioni le sue singolari teorie.

Curvatura, cupole e connessioni 🪐

Il giorno seguente, animato da una mistura di curiosità e perplessità, decisi di affrontare il tema con Lukas. “Come si spiega,” iniziai, “che durante le eclissi lunari vediamo chiaramente l’ombra curva della Terra proiettata sulla Luna?”

Brigitte, accanto a noi, sembrò sorpresa dalla domanda e, dopo qualche attimo di esitazione, il suo volto si tingeva d’imbarazzo. Prima che Lukas potesse formulare una risposta, lei intervenne: “Vedi, Simone, mio marito ha una teoria un po’ particolare. Non pensa che la Terra sia esattamente una sfera, ma piuttosto una sorta di cupola.”

Gli occhi di Lukas la scrutavano, forse cercando di intuire se avesse trovato una risposta soddisfacente. Poi, con un sospiro, dichiarò: “Non pretendo di sapere tutto, ma certamente non bevo tutto ciò che la NASA ci serve!”terrapiattisti

Mi resi conto che ogni ulteriore domanda sarebbe stata vana. Eppure, quel breve scambio aveva acceso una scintilla di curiosità tra gli altri volontari. Kai, il ragazzo di Hong Kong, che aveva chiaramente un debole per Zsófia la giovane volontaria ungherese, sembrava particolarmente intrigato. Forse desiderava impressionarla o forse semplicemente mettere in luce le sue competenze di ingegnere, ma si mise subito al lavoro, cercando di calcolare la curvatura terrestre e altre equazioni complesse. Mentre lo guardavo, intento nei suoi calcoli, mi sentivo grato di aver scatenato quella reazione. Aveva avuto l’effetto di stimolare un dibattito e, nello stesso tempo, di divertire e unire il gruppo.

I ricordi di quella serata sono un po’ sfumati, ma rimane impressa nella mia mente l’immagine di tutti noi, riuniti attorno al tavolo, ridendo, discutendo e cercando di sfatare, o quantomeno comprendere, l’enigma della Terra piatta.

Fu uno di quei momenti di connessione che rendono i viaggi e gli scambi culturali esperienze indimenticabili.

Contrasti e convinzioni

Fu stupefacente.

Persone come questa famiglia svizzera che mi ospitava, apparentemente così integrate nella modernità e nel benessere, potevano ancora sostenere credenze che mi parevano estratte da un’epoca lontana. Forse era la loro profonda fede religiosa a influenzare il loro modo di pensare. La loro religiosità si manifestò in modo evidente quando, un giorno, io e un’altra volontaria giapponese scoprimmo una camera “segreta” nel seminterrato: un fatiscente angolo di preghiera con un maestoso altare e un grande crocifisso.

In quel periodo non potevo immaginare che, in un futuro non troppo lontano, le pagine dei giornali e i post dei blog avrebbero traboccato di storie su terrapiattisti e teorie cospirazioniste. Oggi mi chiedo: era solo perché presto più attenzione a questi argomenti, o il mondo, sotto l’influenza pervasiva di internet, ha cominciato ad immergersi in un mare di credenze bizzarre?

Ciò che era iniziato come una singolare convinzione in una casa svizzera, è diventata una tendenza sempre più globale  e popolare.

La bellezza degli scambi di ospitalità

Al di là di tutto questo, il mio soggiorno a Varen rimane uno dei più belli che abbia mai vissuto.

La gentilezza della famiglia, le gite, i legami stretti con gli altri volontari.

I giorni trascorsi a lavorare nel vigneto e le serate passate con Kai nella nostra stanza (che era una tradizionale e piccola baita svizzera in pietra e legno).

I bagni ai laghi e il soggiorno in un rifugio del Cervino (Matterhorn).

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E poi, l’escursione al cottage di montagna della famiglia, una gemma di legno incastonata tra le montagne svizzere.

Tutto ha contribuito a rendere quell’esperienza unica.

Quando fu il momento di andarmene, nonostante fossi visibilmente molto triste, ero anche grato per l’esperienza vissuta e elettrizzato all’idea della prossima avventura.

Chissà quali altre sorprese mi avrebbero atteso nelle case di nuovi host!

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About Simone Dabbicco 47 Articles
Viaggiatore, wwoofer e ragazzo curioso da Torino. In viaggio dal 2009, amo scrivere articoli su paesi, comunità, famiglie e villaggi ecologici dove si vivono culture e stili di vita diversi. Per saperne di più sfoglia il blog, oppure cercami su Facebook.

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