Per qualcuno viaggiare significa visitare monumenti, musei e dormire in spiagge, hotel e comodi alberghi. Per altri significa fare esperienza di culture e nazioni nuove. Per me viaggiare è molto di più! A volte penso che se tutti viaggiassero con lentezza (cioè “prendendosi il tempo necessario”) ci sarebbero meno problemi nel mondo! Forse questa è un esagerazione, ma vedere il mondo da prospettive diverse non può che aiutarci a diventare persone migliori (in quanto dotate di una visione più ampia). Viaggiare può anche aiutarci a “guarire” dai nostri mali interiori. In questo post, mi piacerebbe in particolare parlare di un problema che affligge molti occidentali: quello della depressione. Vorrei offrire, attraverso una mia riflessione, un punto di vista forse non totalmente nuovo, ma sicuramente poco esplorato.
[Leggi anche: Intervista allo psicologo nomade che ha ideato la “terapia del viaggio”]
Gioventù in crisi
L’argomento di questo post è senz’altro complesso. Non avendo studiato psicologia, e non avendo laurea di alcun tipo, comprendo quanto questo articolo possa sembrare presuntuoso. Tuttavia tutto ciò di cui parlo è frutto delle mie esperienze di vita e di viaggio, che sono felice di condividere, sperando possano essere d’aiuto a qualcuno. E’ un genere di informazioni che non viene insegnato nelle scuole, o per altre vie ufficiali (e più in basso spiegherò il perché, sempre premettendo che si tratta di opinioni personali).
Innanzitutto devo dire di come, nel corso del tempo, abbia ricevuto diverse e-mail di ragazzi e ragazze che hanno deciso di confidarsi con me e parlare dei loro problemi e delle loro difficoltà, specialmente dopo aver visto il mio discorso TEDx su internet. Ciò che è saltato fuori dai messaggi è il senso di malessere sempre più diffuso all’interno di questa società, e motivo per il quale molti vorrebbero partire. Nelle e-mail si parla di depressione, perdita di senso e sfiducia nel prossimo. C’è chi si laurea ma non trova lavoro, chi smette di studiare -tanto il lavoro non si trova, chi il lavoro ce l’ha ma non è ciò che lo/la appassiona, chi aspetta che la crisi finisca o i politici facciano qualcosa, quindi rimane “in attesa”. Chi, infine, non crede più in nulla.
Vuoto esistenziale
Leggo di giovani che si arrendono, si chiudono in casa, o nei centri sociali, oppure cercano di riempire quel vuoto esistenziale in maniera spesso inappropriata, come leggiamo nei quotidiani: droga, alcool, sballo in discoteca, vandalismi negli stadi o durante le manifestazioni pubbliche; e poi ancora: cattive frequentazioni, bullismo, prostituzione volontaria, tendenza al suicidio, aggregazione a gruppi mistici o sette, e altre tipologie di comportamenti antisociali.
Sembra che il mondo, soprattutto quello dei giovani, sia davvero in profonda crisi!
Una buona e una cattiva notizia
Una storia comune di depressione
Perdita di identità
Parlando con altri giovani afflitti dalla depressione e confrontando le loro esperienze con le mie, ho concluso che molti casi di depressione cominciano con una crisi della propria identità. La mancanza di un ruolo, di uno scopo, o di riconoscimenti sociali, porta inevitabilmente ad alienazione, ansia, insicurezza, apatia. Anche chi ha un lavoro riconosciuto e “di successo” può andare in depressione: questo succede quando non ci identifichiamo con ciò che facciamo. Quando cioè i nostri pensieri sono diversi dalle nostre azioni.
Ad esempio, quando avevo la mia piccola ditta ero ammirato e rispettato dalle persone che conoscevo, ma ciò che facevo (imballare pezzi tutto il giorno, sbrigare pratiche, trasportare i prodotti ai clienti) non rispecchiava i miei valori e l’immagine di uomo che volevo davvero essere. Sono sicuro che molti si rispecchiano in questa situazione!
La perdita dell’immagine che abbiamo di noi, dunque, può portarci ad avere bassa autostima e condurci, infine, alla depressione.
Veleno
La depressione è anche la conseguenza di uno stile di vita alienante, monotono, logorante, competitivo e frenetico. Se ogni giorno siamo coinvolti in attività ripetitive, che non ci appassionano e che odiamo fare, il nostro corpo comincia ad avvelenarsi, producendo specifici ormoni responsabili dello stress. A lungo andare è inevitabile contrarre malattie fisiche e mentali, perciò bisogna agire in fretta.
Ritrovare se stessi
Se non ci riconosciamo nella persona che siamo nel presente, possiamo provare a reinventarci attraverso un viaggio: viaggiare è un’ottimo strumento per ricominciare da capo, oppure conoscere stili di vita alternativi. Viaggiando ampliamo il nostro bagaglio di conoscenze, acquisiamo nuove informazioni, troviamo nuove ispirazioni e nuovi scopi. Più conoscenze abbiamo più si rafforza la nostra autostima.
Questo è anche ciò che significa, per me, ritrovare se stessi.
[Leggi i post che parlano di stili di vita alternativi e decrescenti]
Per quanto difficili possano essere le circostanze in cui viviamo e per quanto ostica possa essere la natura, quando viaggiamo comprendiamo che il mondo è pieno di opportunità. Ci sono tantissimi progetti che si possono realizzare, tantissimi nuovi amici da incontrare! E anche quando non possiamo viaggiare, ci sono altri tipi di “viaggio” che possiamo compiere. Possiamo comporre musica, leggere o scrivere libri, imparare a conoscere gli animali selvaggi, proteggere l’ambiente e i paesaggi, varcare confini, ammirare le stelle e le galassie nel cielo, immergerci in nuove culture, affrontare giochi e sfide, mettere in atto cambiamenti e rivoluzioni.
Esplorazioni infinite della realtà ci attendono in ogni angolo di questo pianeta: tutte esperienze che potrebbero insegnarci qualcosa di speciale, qualcosa di nuovo che non abbiamo mai immaginato.
Se questo entusiasmo per la scoperta venisse trasmesso ai ragazzi fin dai primi giorni di scuola, depressione e altri problemi comuni per quest’epoca, sarebbero molto probabilmente un problema molto più contenuto. Nessun giovane cercherebbe sollievo nella droga o nell’alcool, né in cose materiali o altri status simbol, né sarebbe disposto a farsi sottomettere da guru spirituali o leader politici!
Tuttavia, si può trasmettere questo entusiasmo solo in un modo: portando i ragazzi in giro per il mondo, facendogli toccare con mano le cose che si insegnano, anziché segregandoli in un’aula stantia o esponendoli alla cultura solo attraverso i libri.
Scuole in crisi
Nell’introduzione al post ho scritto che questo modo di pensare spesso non viene insegnato nelle scuole, per due semplici motivi: il primo è che le scuole tendono ad avere difficoltà ad accogliere e incorporare valori emergenti, oppure mettere in pratica metodi alternativi (anzi talvolta li ostacolano), forse perchè sperimentare fa paura o è rischioso. Da una parte si insegna ai ragazzi a pensare ed avere una mente “aperta e scientifica”, ma dall’altra si ridicolizzano o respingono iniziative che discordano con le pratiche tradizionali o che mettono in discussione lo status quo. Lo sanno bene gli innovatori del passato che, nei più svariati campi accademici, si sono spesso ritrovati a combattere resistenze ed ostilità da parte dei loro colleghi o delle scuole che li avevano formati. A proposito di metodi educativi alternativi, una scuola “del viaggio” ancora non esiste. Escluse le brevi gite scolastiche, si contano sulle dita delle mani le iniziative nel mondo di scuole nomadi. L’intelletto delle ragazze e dei ragazzi avrebbe “un mondo da guadagnarci” da questo tipo di scuole itineranti, ma la società del consumismo e della produttività tutto da perderci.
Ecco quindi il secondo motivo dell’inerzia scolastica: “la trasmissione culturale” in relazione al mondo mercantile: i giovani vengono educati a pensare e a vivere in modo che i loro comportamenti soddisfino le finalità della cultura dominante. In un sistema capitalistico, dove l’economia è fondata sui consumi -e la finalità più importante è la crescita del PIL- è necessario influenzare gli individui a essere competitivi, comprare, possedere e desiderare sempre più cose. La scuola moderna, purtroppo, è complice di questa omologazione e riflette questo mondo: quasi tutto il lavoro didattico sembra essere incentrato sul prestigio della carriera, sulla domanda del mercato, sulla competitività fra studenti che combattono per ottenere i migliori punteggi e voti, sulla produttività, sui “debiti” e sui “crediti”.
Ho l’impressione (ma spero di sbagliarmi) che ci sia poco interesse a mostrare ai ragazzi vie alternative, stili di vita e modi di pensare differenti: l’obiettivo è principalmente quello di sfornare specialisti da inserire nel mercato del lavoro, invece che liberi pensatori. Cervelli pensanti costituiscono sempre un grosso pericolo per le istituzioni che stanno al potere.
[A proposito di scuole, potresti leggere anche:
1 La scuola libertaria
2 Avviare una scuola libertaria
3 Urupia
4 Homeschooling a Caltanissetta]
Una scuola alternativa
Ecco perché consiglio di viaggiare. Fatelo in gruppo o da soli, non ha importanza. Il viaggio è come un’università alternativa, un modo per uscire dalla “scatola” dentro cui viviamo: la società, la culture, il sistema rappresentano questa scatola chiusa dentro la quale siamo intrappolati (consapevolmente o no).
Sfidare la cultura dominante che influenza pesantemente il nostro modo di pensare e di vivere, non è affatto semplice. Anzi, può essere anche pericoloso: la scatola è la nostra zona comfort, lì ci sono tutte le nostre sicurezze. Al di fuori di essa non sappiamo cosa ci attende…
Nonostante ciò, la mia esperienza personale e le storie di viaggiatori che leggo sul web sono prove che la terapia del viaggio funziona. Molti giovani viaggiatori, non solo guariscono dalla depressione, ma diventano persone migliori. Ho osservato come spesso acquisiscano:
- fiducia nel prossimo,
- senso civico e di solidarietà
- consapevolezza del legame che ci unisce con la natura
- nuove conoscenze utili,
- nuove prospettive, culture, punti di vista e filosofie di vita…
Al ritorno dalle loro avventure, i viaggiatori partoriscono spesso idee innovative e dimostrano di saper vedere oltre la realtà apparente.
Dobbiamo far viaggiare i ragazzi, dare loro una missione, farli sentire utili. Più sono esposti alle potenzialità e all’offerta della vita, meno sono le possibilità che contraggano questo malefico senso di vuoto. Perché un giovane depresso è come un recipiente vuoto. Il mondo, là fuori, è la sola fonte con la quale può, attraverso le esperienze, riempire il suo spirito e la sua mente.
Due piccole note conclusive (per evitare fraintendimenti)
Depressione: Per prima cosa, sono consapevole che la depressione sia un argomento complicato e che c’è un tipo di depressione clinica che non dipende necessariamente dalle esperienze di vita e dall’ambiente. Il mio post si rivolge più che altro a persone “neuro-tipiche” il cui malessere non è causato da imbalance chimico o neurologico, ma da circostanze psicologiche-esperienziali. Se queste circostanze dannose persistono, possono provocare danni mentali seri e permanenti. Per questo motivo dobbiamo fare di tutto per non frequentare ambienti tossici e negativi. Chi soffre di “vera depressione”, quella che magari si eredita geneticamente o è causata da fattori che vanno al di là del proprio controllo, potrebbe comunque beneficiare da “una vita di viaggi, cambiamenti ed esperienze nuove”. Se lo scrivo è perché io faccio parte proprio di quest’ultima categoria di depressi: la mia depressione, forse, non sparirà mai, ma una vita di viaggi mi fa stare meglio rispetto ad una vita stanziale.
Detto questo, è sempre buona cosa ricordare che un post di internet, o l’esperienza personale di una persona, non possono MAI sostituire l’aiuto di un medico professionista.
Per quanto riguarda il discorso dell’educazione e delle scuole:
Non sono un fan delle scuole moderne, l’avrete sicuramente capito. Tuttavia, per evitare fraintendimenti, vorrei specificare che il mio non è un invito ad abbandonare le scuole. Per quanto imperfette, una scuola fallace è meglio che nessuna scuola. Nelle scuole tradizionali ci sono poi insegnanti molto validi, io ne ho conosciuti sicuramente molti.
Viaggiare per il mondo con lentezza dovrebbe essere uno studio e un percorso di formazione “complementare”. Per fortuna, oggi, i giovani hanno un sacco di opportunità per studiare e vivere all’estero (ad esempio le opportunità pagate degli scambi Europei o il WWOOF o il Volonturismo di cui si parla molto in questo blog).
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