Quando raggiungo Caltanissetta, in autostop da Gela, la città è in pieno fermento per le elezioni politiche (europee e comunali). La maggior parte dei muri e delle vetrine è tappezzato con cartelloni elettorali. In ogni angolo della città giovani ragazzi distribuiscono i volantini dei loro candidati preferiti, a volte in maniera invadente; non di rado passano automobili che, con megafoni al massimo volume, raccomandano di votare il certo tal dei tali. Nel volto di alcuni passanti leggo entusiasmo e fiducia, nel volto di altri leggo disillusione e indifferenza. I visi dei candidati ritratti nei cartelloni sono giovani, sorridenti e pieni di speranza, i loro sguardi rivolti verso al futuro. Spesso appare una frase ad effetto ben evidenziata affianco della loro immagine: “avanti tutta”, “il cambiamento è qui”, “verso un futuro migliore”. Tutte frasi e promesse allettanti che ho sentito tante, troppe volte…
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Un’altra politica
Scopro che Francesca e Salvatore, i miei nuovi host*, non andranno a votare. Loro sono convinti che un futuro migliore non si costruisce con la politica. Almeno non con questa politica. Il cambiamento è una questione di fatti non di parole: lo fanno le singole persone, gli individui, le famiglie, le associazioni o le comunità, con azioni concrete e, se vogliamo, anche un po’ controcorrente.
Cambiare vita
Proprio per questo, Francesca e Salvatore hanno deciso di cambiare vita, trasferirsi in campagna, auto-produrre il più possibile i prodotti dell’orto, consumare meno, dedicarsi di più alle proprie passioni; hanno trovato la forza e il coraggio di lasciare il proprio impiego (Salvatore) e diminuire le proprie ore lavorative -con conseguente abbassamento di stipendio (Francesca); hanno deciso di non mandare a scuola i propri figli, per farli crescere in casa, passare più tempo con loro, insegnar loro valori importanti anziché affidare questo compito ad altre persone su base mercenaria. Valori come il rispetto per la natura, la sobrietà, il vivere semplice, la convivialità, la pace, in un’ottica anti-consumistica.
Homeschooling – educazione familiare
Salvatore è un cantante Folk, Francesca una dottoressa, ora part time, perché quando non lavora, è lei che fa da insegnante ai suoi quattro splendidi figli, Damiano, Stella, Benedetta e Teresa.
Le chiedo se per i suoi bambini sia stato difficile abbandonare la scuola e quindi i relativi compagni di classe. Mi risponde mostrandomi i bambini sorridenti mentre studiano assieme ad altri ragazzini che, dalle case limitrofi, o dalla città di Caltanissetta, vengono apposta per far loro visita. Quest’ultimi, forse, invidiano la loro vita in campagna, in mezzo al verde, agli animali, respirando aria pura, mangiando bene, giocando e imparando. Perché qui lo studio è anche un gioco.
E se devo dirla tutta, questi bambini, che hanno meno di dieci anni, sembrano molto più svegli della media dei loro coetanei, al punto da mettere in imbarazzo i giovani adulti che si imbattono in qualche loro osservazione pungente, sempre con una battuta pronta su qualsiasi argomento affrontato a tavola.
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Insegnanti da tutto il mondo
I bambini di Salvatore e Francesca, ovviamente, non trascorrono le loro giornate barricati in casa. Viaggiano molto, praticano sport e altre attività culturali. E quando non possono viaggiare per il mondo, il mondo va a visitarli a casa loro: i wwoofers insegnano loro l’inglese e altre lingue straniere, portano allegria e compagnia, ma soprattutto, il punto di vista di una cultura differente. Come molto persone, anche io inizialmente ero scettico nei confronti dell’ homeschooling. Proprio per questo ho voluto vedere di persona cosa significa educare i figli in casa. Ci sono sicuramente diversi aspetti critici, ma tutto sommato sembra dare buoni frutti. Questo però è il mio punto di vista, il punto di vista di un ragazzo che la scuola dell’obbligo non l’ha mai vissuta molto bene.
Per comprendere l’educazione parentale bisogna venire qui, in posti come questi. Anche voi, se lo volete, potete fare visita a Francesca e Salvatore, lasciando loro un piccolo contribuito o lavorando come aiutanti nell’orto. Forse scoprirete che vivere diversamente si può, e, senza dubbio, è molto meglio.
*host è il termine inglese per “famiglia ospitante”.
Viaggiatore, wwoofer e curioso nato a Torino. In viaggio dal 2009, mi piace raccontare le storie di paesi, comunità, famiglie e villaggi ecologici, esplorando culture e stili di vita diversi. Se vuoi saperne di più, dai un'occhiata al blog o trovarmi su Facebook.
4 Commenti
Davvero un modo di vivere affascinante . Sarebbe davvero bello sapere dove si trova esattamente questo picco spazio di libertà.
Mi piacerebbe poter comunicare con questa bellissima famiglia perché vorrei fare la stessa cosa e forse loro potrebbero darmi qualche consiglio, grazie, la mia mail è manuhabla@hotmail.com
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Davvero un modo di vivere affascinante .
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Ciao Manuela
grazie per averci scritto!
Mi metto in contatto con la famiglia e ti faccio sapere ASAP. Simone 🙂